Ok, scusate, è una vita che non posto!!!
MI rifarò con questo capitolo...preparate i fazzoletti ragazze...
Inoltre vi consiglio di leggere il capitolo mettendo la canzone che ho in firma come sottofondo!
Spero vi piaccia, ci ho messo tutta me stessa
!
Capitolo 17
[Edward]
Ritornai a casa, ma non correndo.
Non ce la facevo, ero troppo debole per correre.
Troppo vuoto.
Fu un’agonia.
Il semplice mettere un passo davanti all’altro mi sembrava così maledettamente difficile, così terribilmente doloroso...
Mi avevano tolto Bella, la mia luce, il mio angelo, il motivo per cui continuavo a vivere la mia esistenza dannata; la consapevolezza che lei non era al mio fianco e mai più lo sarebbe stata mi colpì come un pugno allo stomaco.
Mi sentivo storpio, incapace anche solo di camminare...traballante...lei era stata il mio bastone, mio sostegno ed appoggio, anche se forse a lei era parso il contrario.
A tutti era sembrato il contrario eppure era lei a darmi la forza di andare avanti, lei a sostenere me. Era stata l’angelo che mi aveva preso dolcemente per mano e mi aveva salvato dalle tenebre, da un’eternità gelida di notti e buio, senza mai poter godere della luce dell’alba...era arrivata e aveva rischiarato la mia vita come una meteora infuocata in una notte senza luna, nessuna stella reggeva il suo confronto, anche il sole sfigurava davanti a tanta bellezza, donandomi tutte quelle sensazioni che a me erano state negate con il suo calore, per poi svanire come un sogno fugace e impalpabile alle prime luci dell’alba.
Portando con sè tutti le mie speranze.
Lasciandomi qui da solo, ad avvizzire.
Una pioggerellina leggera scendeva lenta e carezzevole.
Se avessi voluto sarei potuto arrivare a casa anche senza bagnarmi, ma perchè avrei dovuto farlo?
Amavo la sensazione della pioggia sul viso perchè era l’unica cosa che mi dava l’illusione di poter piangere ancora, cosa che in quel momento desideravo ardentemente.
Bramavo la sensazione di spossatezza, la liberazione, che un qualsiasi umano provava nel piangere...o mi sarebbe piaciuto poter dormire, chiudere gli occhi vinto da Morfeo e sognare...
Sognare lei.
Poter fingere ancora una volta di non averla persa, poter rivedere il suo volto sorridente, abbracciarla, rivivere quella felicità perduta.
Era colpa mia, tutta colpa mia se se n’era andata.
Colpa del mio maledetto egoismo, del mio sordido desiderio di averla accanto per sempre.
L’avevo trasformata perchè così facendo ero certo che sarebbe stata mia per l’eternità.
E invece l’avevo persa subito.
Bella...
Dove sei Bella?
Perchè mi hai lasciato?!
“Perchè gliel’ho detto io! Io le ho detto che sarebbe stato meglio per lei partire e lei ha pensato che, tutto sommato, il gioco non valeva la candela. Perchè rischiare di morire per restare accanto ad un vampiro, ad un mostro, quando probabilmente avrebbe potuto avere al suo fianco uno di quegli elfi meravigliosi” pensai.
Sentivo le lacrime che mai avrei potuto versare premere dietro i miei occhi.
Stupido, stupido vampiro egoista.
Le gocce scendevano lenta sul mio volto perfetto, inzuppandomi poi anche gli abiti e i capelli.
Perfetto.
A cosa mi serviva quella presunta perfezione e invulnerabilità fisica se dentro ero un essere così effimero...così fragile...
Non avevo mai usato la parola fragile per descrivere me stesso, ma era esattamente come mi sentivo in quel momento.
Fragile.
Rotto.
Incapace, incapace di vivere senza di lei.
Mi stavo facendo distruggere senza combattere, era come se il mio corpo e la mia mente non mi appartenessero più ed io non fossi altro che uno spettatore esterno, che assisteva impotente.
Perchè?
Perchè non mi importava più di niente ormai, di niente, non m’importava di vivere, morire, di uccidere degli innocenti; non m’importava di procurare dolore alla mia famiglia...neanche di fare del male a me stesso.
Ero come un guscio vuoto.
Qualcosa di inutile che non valeva la pena salvare.
Giunsi a casa, bagnato fradicio.
I capelli mi si erano appiccicati alla fronte, coprendomi anche gli occhi, gli abiti erano inzuppati e sporchi di fango, le calzature ugualmente sporche, ma non me ne curai.
Non appena aprii la porta la mia testa fu invasa dai loro pensieri.
Mi compativano, ma io non sapevo che farmene della loro compassione, stavano preparandosi per partire, ora più che mai era impellente il bisogno di sparire veloci e silenziosi, ma io non avevo intenzione di muovermi.
Era a Forks che conservavo il ricordo di tutti i momenti felici passati assieme a Bella, ed ora che i ricordi erano tutto ciò che mi restava non ce la facevo ad abbandonarli.
Anzi, non era questione di non farcela...semplicemente non potevo.
Mi diressi a grandi passi verso il pianoforte nero, ricordando quanto Bella amava sentirmi suonare.
Lo sfiorai con un dito ricordando la felicità che avevo provato nel far sentire a Bella la sua canzone.
Forse avevo avuto troppo, avevo provato troppa gioia accanto a lei.
Un essere malvagio, un essere senz’anima non poteva meritare di provare in eterno ciò che io avevo sentito nel cuore per qualche anno, sarebbe stato troppo bello, troppo facile sopportare la mia eterna dannazione.
Dio o chi per lui aveva provveduto a punirmi ancora una volta per il male che avevo provocato, e a salvare Bella dalla vita dannata che avrebbe avuto accanto a me.
Sarebbe stata bene tra gli elfi, loro erano creature in armonia con la natura, in armonia con tutto ciò che li circondava, un popolo colto e raffinato, amante delle arti, un popolo pacifico e tuttavia fortissimo in battaglia.
Non come il sanguinario popolo dei vampiri.
Mi sedetti.
Forse avevo trovato un modo per sentirla ancora vicina...
Ricordai il giorno in cui l’avevo composta.
Ed iniziai a suonare la sua canzone.
Le mie dita bagnate scivolavano sulla tastiera sfiorandola con dolcezza, alla disperata ricerca di lei...la percepivo nella morbidezza di quella cascata di note, vedevo il suo volto animarsi con un sorriso, sentivo il profumo dei suoi capelli, ancora più buono che nei miei ricordi, la dolcezza del tocco delle sue labbra, il calore ed allo stesso tempo il gelo di quel corpo sinuoso...
Desiderai ancora di poter piangere, se la natura me lo avesse permesso quante lacrime avrei versato suonando quella canzone!
Quella era la melodia che tante volte le avevo sussurrato all’orecchio per farla addormentare, la melodia che avevo composto negli insopportabili giorni trascorsi in solitudine, lontano da lei.
Per poter trovare la sua compagnia avevo ricreato una canzone per lei, simile a lei...meravigliosa nella sua semplicità eppure estremamente complessa e mutevole esattamente come la sua mente, a me da sempre e per sempre preclusa. Dolce ma allo stesso tempo struggente, profonda come i suoi magnifici occhi...
Le mie mani volavano come farfalle sui tasti mentre ricordavo sempre più precisamente i suoi occhi.
Il suo sguardo.
La visione era così nitida da farmi sospettare che fosse veramente lì con me.
Suonare quella canzone era come sfiorare il suo corpo, come vederla danzare tra le note, veloce e aggraziata, ma letale.
Letale per me, perchè lei era stata l’unica in grado di uccidermi.
Sentivo di nuovo la sua voce melodiosa chiamare il mio nome come solo lei sapeva fare, sussurrarlo come faceva sempre in sogno, facendo ogni volta sussultare il mio cuore.
La vedevo.
La vedevo in ogni nota, in ogni cascata di suoni.
La vedevo in quello stesso salotto, abbracciata a me, la vedevo nel suo letto a casa di Charlie.
La ritrovavo nei timidi fiorellini piantati in giardino, nelle nuvole in cielo, nel sole nell’erba.
La vedevo in tutto e in niente.
Perchè per me lei era tutto ed ora che se n’era andata non mi era rimasto niente.
Ma anche in quel niente non c’era altro che lei.
Desideravo poter toccare solo un’ultima volta le sue labbra con le mie.
Udirla invocare il mio nome come aveva fatto quel giorno a Volterra, salvandomi ancora una volta.
Annusare ancora il suo profumo, l’unico che mi aveva incantato.
La canzone volgeva al termine, gli ultimi accordi mi parvero raffigurarla nell’atto di fuggire via da me nell’ombra, silenziosa.
“Non andare Bella! Ti prego non lasciarmi così...”
Ma niente, lei non si fermava, continuava a scappare.
Poi le mie mani smisero di danzare sulla tastiera.
Intorno fu il silenzio.
Lei sparì.
E fu come averla persa di nuovo.
A quel punto non riuscii più a trattenermi.
Urlai, urlai con tutte le mie forze.
Urlai con la rabbia ed il dolore di una fiera ferita, moribonda.
Gridai al mondo la mia disperazione.
Poi mi accasciai sul pianoforte.
La mia famiglia mi era attorno, ma nessuno osò avvicinarsi.
Nessuno, neanche Esme ebbe il coraggio di consolarmi, sapevano che non l’avrei permesso a nessuno.
Solo una persona avrebbe potuto consolarmi.
Colei che mi aveva preso cuore e mente, riducendomi ad un ombra di me stesso.
“Dove sei Bella?
Perchè mi hai lasciato così?” pensai.
Ma sapevo che nessuno avrebbe risposto alle mie tacite domande.
Nessuno.
Ero di nuovo solo.
O forse semplicemente non ero più nulla.
Bella era andata via.
Edward Cullen, il vampiro buono, era sparito con lei.
Il mostro assetato di sangue era tornato.
***
Ditemi sinceramente cosa ne pensate...
Un bacio
Andromeda