Non sono tanto convinta di questa nuova ff ma, visto che ad ..::Ary::.. è piaciuta tanto, mi sembrava giusto postarla in questo forum! Ditemi cosa ne pensate.
~Bring Me To Life~PrologoLui era splendido, meraviglioso, divino.
Il più bel vampiro che avessi mai visto.
Ma era un Padrone.
Io ero una Schiava, un orripilante scarto della società vampirica.
Non avrei mai dovuto permettere che i suoi occhi perfetti si insudiciassero incontrando i miei.
Non avrei mai dovuto incontrarlo.
L’unico compito degli Schiavi era tenere in ordine e pulite le immense ville dei nostri Padroni, in attesa di diventare un loro pasto.
Appena nati ci vincolavano a loro con la magia.
Non potevamo disubbidirgli, neanche volendolo.
Non che lo volessimo, noi eravamo i primi a non considerarci altro che oggetti inutili.
Vivevamo la nostra vita nell’ombra, nascosti, vedendo il nostro Padrone, per la prima ed unica volta, esclusivamente il giorno in cui egli avrebbe deciso di cibarsi di noi.
Eravamo sudiciume.
Loro ci ritenevano si scarti, ma deliziosi per il palato, molto più buoni degli umani, per questo, come frutti prelibati, attendevano un certo periodo di tempo, il periodo della “maturazione”, prima di mangiarci.
Inoltre eravamo vampiri, quindi comunque più resistenti dei normali umani, e, mentre aspettavamo il momento della nostra morte, ci prodigavamo nel servire coloro che ci avrebbero tolto la vita.
E il tutto ci appariva assolutamente normale.
Era così.
Punto e basta.
Per questo continuavo a ripetermi che ero stata già abbastanza fortunata a non essere mangiata prima del tempo e che dovevo smetterla di pensare all’accaduto.
Non l’avrei più visto.
L’avrei servito fedelmente e silenziosamente.
Fino al momento in cui avrebbe posto fine alla mia vita.
Perchè l’avrebbe fatto, ne ero certa.
Eppure non potei fare a meno di ripensare ancora una volta alla bellezza dei suoi magnifici occhi blu elettrico.
Capitolo1Mi avviai, leggera e silenziosa, verso la stanza che era mio dovere ripulire e tenere in ordine.
Facevo sempre lo stesso tragitto, ogni giorno.
Non era divertente essere come me.
La mia esistenza era monotona.
Non vivevo veramente.
Io esistevo.
Ma non avevo nulla che potesse dare senso alla mia vita, alla mia inutile esistenza, fatta di buio, polvere, fatica, dolore, soprusi e...sangue.
Si, sangue.
Ero nata nel sangue, nel sangue vivevo e nel sangue sarei morta.
Ero una Schiava, è vero, ma ero pur sempre un vampiro.
E il sangue era il vero e unico centro della mia esistenza.
Sia quello rimasto nei corpi già quasi del tutto dissanguati dai Padroni, ovvero i loro avanzi, freddo e privo di ogni gusto, unico nutrimento di noi Schiavi, sia quello che dovevo lavar via ogni giorno dalla camera del Padrone al quale ero personalmente assegnata.
Tutte le mattine dovevo far sparire le tracce dei suoi banchetti notturni, portar fuori i cadaveri, pulire il sangue rimasto sulla tappezzeria.
Era una tortura
Mentre adempivo ai miei doveri, non facevo che pensare al caldo nettare che era sceso giù per le loro gole poche ore prima e che li aveva rinvigoriti, mentre io, debole e lurida, morivo di fame.
Ma non mi lamentavo.
Perchè avrei dovuto?
Ero una Schiava.
Vivevo solo per compiacere i Padroni, per assisterli e per nascondere i rimasugli dei loro macabri banchetti.
E, appena raggiunta l’età giusta, sarei diventata anche io una loro pietanza.
Ma non me ne rammaricavo più di tanto.
Ero nata per questo, questo era lo scopo della mia vita.
Non l’avrei assolto con gioia forse, ma sicuramente non avrei tentato di sottrarmi al mio dovere.
Era così per tutti noi.
Fin da bambini ci spiegavano quali fossero i nostri doveri e ciò che ci avrebbe aspettato nella vita...se così poteva definire la nostra esistenza.
Ci vincolavano a loro con la magia e con i loro poteri.
Ci consideravano meno che animali.
Noi eravamo spazzatura, sudiciume.
Noi eravamo ombre.
Non dovevamo essere visti nè sentiti dai Padroni, potevamo interagire solo con le Guardie, che non erano potenti come i Padroni, ma erano sempre un ordine di vampiri più forte del nostro.
Tra i nostri doveri c’era anche quello di evitare ai nostri Padroni la nostra orrida vista, che avrebbe rischiato di insozzare loro, esseri perfetti ed immacolati.
L’unico motivo per cui un Padrone poteva voler chiedere ad uno Schiavo di mostrarsi a lui, era per cibarsene prima del tempo.
Capitava.
Soprattutto se lo Schiavo in questione era particolarmente potente o bello.
Io avevo già 17 anni.
A 20 sarebbe teoricamente venuto il mio turno.
Ma dubitavo di essere così fortunata da arrivarvi.
Ero troppo bella, troppo profumata, troppo resistente, troppo carismatica per riuscire a sopravvivere.
Prima o poi un Padrone mi avrebbe notata.
Mi avrebbe mandata a chiamare.
Io avrei dovuto porgergli il collo in segno di sottomissione.
E la mia miserabile esistenza sarebbe finità lì.
Mi fermai con uno svolazzo davanti alla pesante porta in ebano scuro della stanza del mio Padrone.
Non l’avevo mai visto in faccia, non sapevo niente di lui.
Conoscevo il suo nome ma non mi era permesso pronunciarlo.
La mia sudica bocca avrebbe potuto sporcarlo.
Come d’altronde tutto di me.
L’unica cosa che sapevo era che gli dovevo incondizionatemente obbedienza, rispetto e sottomissione.
Mossi un passo.
I cenci grigi e luridi con cui ero vestita sbatterono pesantemente contro la mia gamba.
Mi scostai dal viso un ricciolo ribelle bluastro.
Per essere una stupida Schiava ero molto bella.
Riscuotevo molto successo, sia tra le Guardie che tra gli altri Schiavi.
Non che fosse una buona cosa per me.
Prima ero troppo giovane, troppo bambina.
Ma adesso ero adulta, la mia crescita si era bloccata, avevo assunto il mio aspetto definitivo, quello che avrei mantenuto per l’eternità, se solo avessi avuto la possibilità di viverla.
Era solo questione di tempo prima che qualche Guardia mi violentasse.
E non avrei potuto opporre resistenza.
Spalancai la porta.
Strano.
Era pulita.
Incredula, cominciai a gurdarmi attorno.
Poi mi voltai verso lo splendido letto a baldacchino nero e mi sentii mancare.
Un padrone, probabilmente il mio, era disteso su un fianco, con una mano sotto la guancia, e mi osservava.
Era veramente bellissimo.
Un dio.
I suoi capelli lunghi e lisci, raccolti in una coda ordinata, sembravano d’oro puro.
I suoi lineamenti erano splendidamente raffinati...
Il volto era così diverso da quelli che ero abituata a vedere nei bassifondi...così...rilassato, tranquillo, come se non avesse nulla di cui preoccuparsi...
Poi mi persi nei suoi occhi.
Mi incantava il loro colore blu elettrico.
Il suo sguardo era curioso.
Non appena mi resi conto di ciò che stavo facendo distolsi lo sguardo.
Io, sudicia sguattera, piccola vampiretta da quattro soldi, destinata alla sua mensa, avevo osato guardarlo.
L’avevo guardati negli occhi!
Quando non avrei dovuto vedere neanche l’orlo del suo mantello!
Io che come massimo onore potevo ricevere l’incarico di pulirgli le scarpe.
Coe avevo potuto osare tanto?
Feci una profondissima riverenza, sfioranado il pavimento con il mento.
E mi avvicinai a lui a testa bassa, come prevedeva l’etichetta.
Mi avrebbe sicuramente mangiata, lo sapevo.
Sapevo che sarebbe accaduto, ma non pensavo così presto...
Rassegnata mi avvicinai ancora fino a trovarmi a pochi centimetri dal suo viso.
Sentii il suo profumo.
Valeva la pena di morire solo per poter percepire quell’odore sublime.
Non sarebbe stata una morte tanto terribile, se ad accompagnarmi nell’aldilà ci fosse stato il suo profumo.
Un po’ più serena chianai la testa per offrirgli il mio collo, morbido e nudo, come prevedevano le regole della buona educazione.
Purtroppo per me la buona educazione prevedeva che, a quel punto, quella creatura meravigliosamente profumata, bellissima e dura come pietra, affondasse i suoi denti affilati nelle mie carni, per nutrirsi di me, la sguattera che l’aveva offeso.
Speravo solo che finisse in fretta.
Chiusi gli occhi.
Passò un secondo.
Due.
Tre.
Quattro.
Una risata cristallina mi costrinse ad aprire gli occhi.
Non mi azzardai comunque a guardarlo.
Poi fece scorrere un dito gelido lungo il mio collo, delicatamente.
Io ero incredula.
Non mi mossi.
Perchè non mi mangiava?
Ad un tratto lui, con una gentilezza che mi sconvolse, prese tra le mani il mio volto.
Mi costrinse a rialzarmi e a ricoprire il collo con i miei lunghi capelli.
Per un attimo incrociai di nuovo il suo sguardo.
Abbassai immediatamente gli occhi.
Feci un passo indietro.
Puzzavo parecchio, l’igene degli Schiavi non stava molto a cuore a Guardie e Padroni.
Ma non volevo disturbarlo con il mio puzzo, non lui, così buono e profumato.
M’inchinai di nuovo.
E scoppiai in singhiozzi.
-Perdonatemi! Perdonatemi Padrone! Chiedo umilmente il vostro perdono! Non avevo intenzione di mostrarmi a voi! Non immaginavo che oggi sareste rimasto nei vostri appartamenti! Perdono, vi prego! Punitemi come preferite, ma risparmiatemi la vita, vi prego! Vi scongiuro, ho ancora tre anni per vivere! Vi ho sempre servito fedelmente...-
La mia voce fu rotta da un singhiozzo più forte degli altri.
Una mano mi accarezzò i capelli.
Almeno così mi parve.
Ma sicuramente sbagliavo.
Un Padrone non si sarebbe mai sporcato le mani per consolare un’inutile Schiava.
-Ti prego, smettila di piangere- disse.
“Bene” pensai “sono pazza! Mi sembra che un padrone mi stia consolando...”
Sentii una mano che mi afferrava, costringendomi ad alzarmi, ed un altra che, nuovamente, mi alzava il viso.
Costringendomi a guardarlo negli occhi.
Come era bello...
Mi accarezzò il viso.
Feci un balzo indietro.
-P-padrone no! Non mi toccate, vi sporcherete!- dissi, preoccupata.
Lui rise.
Perchè rideva?
Perchè non mi aveva ancora uccisa?
Perchè mi aveva toccata?
La sua splendida voce interruppe i miei angosciosi pensieri.
-Non ti preoccupare, non ho intenzione di farti del male. Non sei stata tu a mostrarti a me, ma io a mostrarmi a te. Sono il tuo nuovo Padrone, volevo presentarmi. Sono l’ambasciatore di un altro paese di vampiri e il tuo vecchio Padrone ti ha donata a me, insieme agli altri schiavi che provvedono a questo appartamento, che ora ovviamente è mio. E non ho intenzione di mangiarti. Da noi è considerato barbaro mangiare gli schiavi-
Sorrise, cercando di rassicurarmi.
Ma io ero confusa.
Non capivo.
Presentarsi ad una Schiava?
E poi come era possibile che il suo popolo non mangiasse Schiavi?
Abbassai nuovamente lo sguardo, a disagio.
Probabilmente lui se ne accorse.
Non cercò più di avvicinarsi, forse aveva capito che anche quello mi metteva a disagio.
-Puoi andare, non c’è altro. Ti lascio il giorno libero, divertiti.- aggiunse.
Osai alzare nuovamente lo sguardo e lo vidi.
Vidi il suo sorriso dolcissimo.
Mi tolse il fiato.
Nessuno mi aveva mai sorriso.
Nessuno mi aveva mai trattata come un essere pensante.
Per tutti ero un animale.
Ma lui mi aveva parlato.
E mi aveva sorriso.
Si era guadagnato il mio rispetto e la mia cieca obbedienza.
Ma non lo rispettavo come gli altri padroni.
Per lui, in quel momento, provai quasi adorazione.
Rimasi nuovamente imbambolata a guardarlo.
Lui non sembrò infastidito, anzi, il suo sorriso si allargò ancora di più.
Feci un’altra riverenza ed uscii dalla stanza a con passo leggero.
Mi chiusi la porta alle spalle.
E cercai di convincermi che non avevo sognato tutto.
***
Fatemi sapere
Oh no!! Mi sono sbagliata, volevo postarla su ff non su Twilight!!!
Non è che qualcuno potrebbe spostarla???