Capitolo 22

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petite88
view post Posted on 21/1/2008, 21:37





22



Dead Dave's è tutto specchi neri e insegne luminose di varie marche di birra: di notte, le vetrate sembrano un'opera d'arte moderna. Di giorno, invece, tutto è sobrio e tranquillo. I bar sono un po' come i vampiri: dopo il tramonto mostrano il loro lato migliore; durante il giorno hanno un qualcosa di stanco e angoscioso.
L'aria condizionata era al massimo, perciò, dentro il locale, sembrava di trovarsi in un frigorifero: lo sbalzo di temperatura, rispetto alla calura esterna, suscitava una reazione quasi sconvolgente. Mi fermai non appena varcata la soglia, in attesa che la mia vista si abituasse alla semioscurità crepuscolare. Perché i bar sono tutti dannatamente bui come caverne, nascondigli perfetti? A qualunque ora, l'aria puzzava di sigarette stantie perché
il fumo, nel corso degli anni, aveva impregnato la tappezzeria: era una sorta d'infestazione da spettri olfattivi.
Due tizi in giacca, panciotto e pantaloni erano seduti a pranzare al tavolo più lontano dall'entrata, sul quale avevano aperto alcune cartelline. Stavano lavorando di sabato, proprio come me. Be', forse non proprio come me... Scommetto che nessuno ha minacciato di tagliare loro la gola. Potevo anche sbagliarmi, ma avrei scommesso che la minaccia più grave che avevano ricevuto durante la settimana era stata quella di perdere il posto.
Sopra uno sgabello era appollaiato un tizio che teneva le mani intorno a un bicchiere alto. I suoi gesti avevano una lentezza e una precisione estreme, come se avesse paura di rovesciare o di rompere qualcosa e, dal suo viso, si capiva che era già ubriaco, benché fosse soltanto l'una e mezzo del pomeriggio. Non era un buon segno, per lui. Comunque, non erano affari miei. È impossibile salvare tutti... anzi ci sono giorni in cui penso che non
sia possibile salvare proprio nessuno. Ognuno deve poter salvare se stesso, prima di poter aiutare gli altri. D'accordo, è una filosofia che non vale un fico durante uno scontro a fuoco o se vieni aggredito con un coltello, ma per tutto il resto è validissima.
Con un asciugamano bianco molto pulito, Luther era intento a lustrare bicchieri. Mi sedetti su uno sgabello al bancone, e lui mi guardò, con una sigaretta che penzolava dalle labbra grosse, e mi salutò con un cenno della testa. Luther è grosso... no, anzi è grasso... Be', è difficile trovare un aggettivo per descriverlo, perché la sua ciccia è solida come la roccia: è quasi muscolo. Le sue mani sono grandi come la mia faccia. La sua pelle è di un
nero dai riflessi purpurei che ricorda il mogano. Gli occhi color cioccolata sono ingialliti dal fumo eccessivo: non credo di averlo mai visto senza una sigaretta fra le labbra. Benché sia in sovrappeso, fumi senza sosta e abbia più di cinquant'anni, come rivelano i capelli brizzolati, è sempre in perfetta salute. Suppongo che sia una questione genetica.
«Che vuoi, Anita?» La voce si addice alla sua corporatura: è profonda e roca.
«Il solito.»
Luther mi riempi un bicchierino di succo d'arancia. Prendo sempre quello, perché può passare per uno screwdriver: chi potrebbe aver voglia di ubriacarsi in un locale frequentato da astemi? E perché diavolo io dovrei entrare in un bar se non bevo alcolici?
Dopo avere sorseggiato il mio falso screwdriver, dissi: «Mi occorre qualche informazione...»
«Lo immaginavo. Che ti serve?»
«Vorrei notizie su un certo Phillip, che si esibisce al Guilty Pleasures.»
Il barista inarcò un folto sopracciglio. «Un vampiro?»
Scossi la testa. «Un junkie.»
Con la brace della sigaretta che brillava, Luther aspirò profondamente una boccata di fumo, poi, con educazione, soffiò una gran nube lontano da me.
«Che vuoi sapere di lui?»
«Ci si può fidare?»
Luther mi fissò, poi sorrise. «Se ci si può fidare? Diavolo, Anita, è un junkie! Non importa da che cosa si è dipendenti, se droga, alcolici, sesso, o vampiri: non c'è differenza. Non ci si può fidare di nessun junkie: lo sai bene.»
Annuii. Certo che lo sapevo, ma che cosa potevo farci? «Be', io sono costretta a fidarmi di lui, Luther: non ho scelta.»
«Mah! Ragazza mia, mi sa che stai frequentando la gente sbagliata.»
Sorrisi. Luther è l'unica persona a cui permetto di chiamarmi «ragazza mia»: per lui, tutte le donne sono «ragazze» e tutti gli uomini sono «amici». «Ho bisogno di sapere se hai sentito dire qualcosa di veramente brutto sul suo conto.»
«In che faccenda ti sei immischiata?»
«Non posso dirtelo. Però ti assicuro che ti rivelerei tutto, se potessi, o se non pensassi che sarebbe pericoloso.»
Per un lungo momento Luther mi scrutò. La cenere cadde sul bancone, poi, distrattamente, lui la spazzò via con l'asciugamano bianco e pulito.
«Okay, Anita... Ti sei guadagnata il diritto di dire di no, per stavolta. La prossima, però, sarà meglio che tu abbia qualcosa da rivelare.»
Sorrisi. «Lo giuro.»
Scuotendo la testa, Luther sfilò una sigaretta dal pacchetto che tiene sempre dietro il bancone, aspirò un'ultima boccata da quella quasi consumata, quindi s'infilò quella spenta fra le labbra e l'accese, accostandovi la brace dell'altra e aspirando. Quando la carta e il tabacco avvamparono di fiamma rosso-arancione, gettò la cicca nel portacenere già pieno che si portava sempre dietro ovunque.
«So che c'è uno stripper, giù al club, che è un freak. Partecipa a tutti i party ed è molto, molto popolare presso certe vampire.» La scrollata di spalle di Luther fu come il sussulto di una catena montuosa. «Non ho sentito niente di male sul suo conto, a parte il fatto che è un freak e che partecipa ai party, ma questo... Merda! È già abbastanza brutto. Insomma, Anita, ti conviene stare alla larga da quel tipo.»
«Lo farei, se potessi.» Toccò a me scrollare le spalle. «Nient'altro?»
Dopo una breve riflessione, Luther aspirò il fumo della sigaretta e disse:
«No, nulla. Sai, non è un grosso calibro nel Distretto: è una vittima di professione.
E da queste parti si parla soprattutto dei predatori, non delle prede». Si accigliò. «Aspetta un momento... Forse...» Ci pensò su, poi fece un gran sorriso. «Ma sì, ho qualche notizia su un predatore: un vampiro che si fa chiamare Valentine e che porta una maschera. Si vanta con tutti di essere stato il primo a farsi il vecchio Phillip.»
«Ah, sì?»
«Non intendo la prima volta da junkie, ragazza mia, ma la prima volta.
Valentine dice di avere succhiato il ragazzo quand'era ancora un bambino, e di esserselo fatto per bene. Secondo lui, la cosa è tanto piaciuta al vecchio Phillip che adesso è un junkie pure lui.»
«Buon Dio...» Rammentai gli incubi, e la realtà, di Valentine. Che cosa poteva avere significato, per Phillip, esserne vittima da bambino? Quali sarebbero state le conseguenze, se fosse capitato a me?
«Conosci Valentine?» chiese Luther.
Annuii. «Sì... Ha mai detto quanti anni aveva Phillip quando è stato aggredito?»
«No.» Luther scosse la testa. «Però corre voce che, se hai più di dodici anni, allora sei troppo vecchio per Valentine, a meno che non si tratti di una vendetta. E per lui la vendetta è molto importante. Si dice che se la Master non lo tenesse in riga, sarebbe maledettamente pericoloso.»
«Puoi scommetterci il culo, che è pericoloso.»
«Allora lo conosci bene...» commentò Luther.
Lo fissai. «Devo sapere qual è il rifugio di Valentine durante il giorno.»
«Questa sarebbe la seconda informazione in cambio di niente... Non credo proprio.»
«Porta una maschera perché gli ho spruzzato la faccia di acquasanta, un paio d'anni fa. Fino alla notte scorsa, credevo fosse morto, e lui credeva lo stesso di me. Mi ucciderà, se potrà.»
«Ma tu hai la pelle dura, Anita...»
«C'è sempre una prima volta, Luther, e in questi casi è anche l'ultima.»
«L'ho sentito dire...» Luther ricominciò a lustrare i bicchieri già puliti, poi si fermò. «Be', non saprei... Se si venisse a sapere che ti diamo informazioni sui rifugi diurni, per noi potrebbe mettersi male. Potrebbero incendiare il locale, con noi dentro.»
«Hai ragione. Non ho il diritto di chiedertelo.» Ma rimasi seduta sullo sgabello a guardarlo, sperando d'indurlo a rivelarmi quello che mi occorreva sapere. Su, Luther, fai uno sforzo per me... A buon rendere...
«Giurami che non ti serviresti dell'informazione per ammazzarlo. In tal caso, potrei anche dirtelo...»
«Mentirei.»
«Hai un mandato per farlo fuori?»
«No, ma posso procurarmelo.»
«Aspetteresti di averlo in mano?»
«È illegale eliminare un vampiro senza un ordine del tribunale.»
«Non è questo il punto.» Luther mi scrutò. «Agiresti subito per essere sicura di eliminarlo?»
«Forse.»
«Ah, ragazza mia, uno di questi giorni ti metterai nei guai con la legge...» Luther scosse la testa. «L'omicidio è una faccenda seria, sai?»
Scrollai le spalle. «Lo è ancora di più finire con la gola squarciata.»
«Ah, be'...» Come se non sapesse che cosa dire, riprese a lustrare i bicchieri.
«Dovrò chiedere a Dave. Se lui dice che è okay, avrai l'informazione.».
Finii il succo d'arancia e lasciai una mancia piuttosto abbondante, per evitare fraintendimenti. A causa dei miei rapporti con la polizia, Dave non avrebbe mai ammesso di essere disposto ad aiutarmi, così il denaro doveva sempre cambiare di mano, anche se la somma non corrispondeva mai neppure lontanamente al valore dell'informazione. «Grazie, Luther.»
«Si dice che la notte scorsa hai incontrato la Master... È vero?»
«Lo avete saputo prima o dopo che succedesse?»
«Anita...» Luther parve addolorato. «Se lo avessimo saputo prima, te lo avremmo detto, e gratis.»
Annuii. «Scusa, Luther. Le ultime notti sono state piuttosto dure...»
«Ci scommetto. Dunque è vero?»
Potevo negarlo? A quanto pareva, un sacco di gente sapeva quello che era successo. Evidentemente nemmeno i morti sanno mantenere i segreti.
«Può darsi.»
Avrei anche potuto rispondere chiaramente di sì, ma Luther stette al gioco e annuì. «Cosa volevano da te?»
«Non posso dirtelo.»
«Mmm... Be'... Okay, Anita, vedo che sei maledettamente prudente. Ti converrebbe cercare aiuto, ammesso che ci sia qualcuno di cui ti puoi fidare.»
Fidare? Non era questione di fiducia. «Forse ci sono soltanto due modi per uscire da questo casino, Luther. Potessi scegliere, opterei per una morte rapida, ma dubito che ne avrò l'opportunità, se le cose si metteranno male.
E quale amico dovrei coinvolgere in un guaio del genere?»
Il barista dal viso rotondo e nero mi scrutò. «Vorrei poterti rispondere, ragazza mia, ma non saprei come.»
«Anche a me piacerebbe avere una risposta.»
Il telefono squillò. Luther rispose, mi guardò, poi mi portò l'apparecchio.
«È per te...»
Accostai il ricevitore all'orecchio. «Sì?»
«Sono Ronnie.» La voce lasciava trapelare un'eccitazione repressa, come quella di una bambina la mattina di Natale.
«Hai scoperto qualcosa?» chiesi, con uno spasmo allo stomaco.
«Gira voce che la HAV abbia organizzato una squadra della morte per spazzare i redivivi dalla faccia della terra.»
«Hai qualche prova, o magari un testimone?»
«Non ancora.»
Mi lasciai sfuggire un sospiro.
«Suvvia, Anita! È una buona notizia.»
Proteggendo il microfono con la mano, sussurrai: «Non posso riferire alla Master una diceria sulla HAV. I vampiri massacrerebbero quelli dell'associazione e un sacco di gente innocente farebbe una brutta fine, senza neppure la certezza che dietro tutto questo ci sia davvero quell'associazione».
«Va bene, va bene...» convenne Ronnie. «Ti prometto che entro domani avrò qualcosa di più concreto. Con la corruzione o con le minacce, otterrò l'informazione.»
«Grazie, Ronnie.»
«A che servono le amiche? Inoltre, Bert dovrà pagarmi gli straordinari e risarcirmi le bustarelle. La sua faccia sofferta mentre si separa dai soldi è uno spettacolo che adoro.»
Sorrisi. «Piace anche a me.»
«Che fai stasera?»
«Vado a un party.»
«Cosa?»
In sintesi, spiegai le mie intenzioni.
Dopo un lungo silenzio, Ronnie commentò. «È orribile...»
Ero perfettamente d'accordo. «Tu continua a indagare nella tua direzione, io provo in questa. Forse c'incontreremo a metà strada.»
«Sarebbe bello», rispose Ronnie, in tono quasi irato.
«Qualcosa non va?»
«Andrai senza copertura, vero?»
«Anche tu sei sola.»
«Ma io non sono circondata da vampiri.»
«Non da vampiri, visto che sarai alla HAV, ma da pazzi, sì.»
«Non fare la spiritosa. Hai capito bene cosa intendo.»
«Sì, Ronnie, ho capito. Però tu sei l'unica mia amica capace di cavarsela in una situazione del genere.» Scrollai le spalle e aggiunsi: «Qualunque altra sarebbe come Catherine: una pecora fra i lupi. E tu lo sai».
«E un altro risvegliante?»
«Chi? A Jamison piacciono i vampiri. Bert chiacchiera un sacco, ma non mette mai a repentaglio il suo culo candido come un giglio. Charles se la cava abbastanza bene a resuscitare i cadaveri, ma non ha certo un gran fegato, e comunque ha un figlio di quattro anni. Manny ha chiuso coi vampiri, dopo i quattro mesi trascorsi in ospedale a rimettersi dalle conseguenze dell'ultima caccia.»
«Se ben ricordo, sei finita in ospedale anche tu...»
«Io me la sono cavata con le fratture al braccio e alla clavicola: niente di più grave. Invece Manny ha rischiato di lasciarci la pelle. E poi, ha una moglie e quattro figli.»
Anche se in seguito mi ero «perfezionata», Manny era il risvegliante che mi aveva addestrata, insegnandomi a resuscitare i morti e a eliminare i vampiri. Era un tradizionalista: usava ancora l'aglio e i paletti, e portava la pistola soltanto per sicurezza. Quanto a me, se la tecnica moderna mi consente di eliminare un vampiro senza essere costretta a montargli a cavalcioni per conficcargli a martellate un paletto nel cuore... Be', perché non dovrei approfittarne?
Due anni prima, Rosita, la moglie di Manny, era venuta da me, implorandomi di non coinvolgere più il marito in operazioni pericolose. Secondo lei, a cinquantadue anni era troppo vecchio per cacciare vampiri. Se gli fosse successo qualcosa, che ne sarebbe stato di lei e dei ragazzi? In qualche modo, mi ero presa tutta la colpa, come una madre il cui figlio prediletto si sia lasciato trascinare su una brutta strada da amici delinquenti. Così,
Rosita mi aveva indotta a giurare davanti a Dio che non avrei mai più chiesto a Manny di partecipare a una caccia. Se non fosse scoppiata a piangere, avrei tenuto duro. In una discussione, mettersi a piangere è davvero una mossa sleale: l'altro si sente istantaneamente una merda e desidera soltanto che il suo interlocutore smetta di soffrire in quel modo così evidente.
Insomma si è disposti a fare qualsiasi cosa perché le lacrime smettano di cadere.
Dopo un breve silenzio, Ronnie rinunciò. «E va bene... Sii prudente, però.»
«Sarò prudente come una vergine la notte di nozze: promesso.»
«Sei incorreggibile!» rise Ronnie.
«Me lo dicono tutti.»
«Guardati le spalle.»
«Anche tu.»
«Lo farò.» Ronnie riappese e io restituii il telefono a Luther.
«Buone notizie?» chiese lui.
«Già...»
E così, la HAV aveva una squadra della morte... forse. Una scoperta che, se confermata, forse rappresentava un passo avanti nelle indagini.
Non avevo la minima idea di quello che stavo facendo. Mi muovevo a tentoni, alla ricerca delle eventuali tracce di un assassino che aveva eliminato due Master. Se ero sulla pista giusta, non avrei tardato ad attirare l'attenzione, e ciò significava che probabilmente qualcuno avrebbe cercato di ammazzarmi. Un vero spasso.
Per prima cosa, avevo bisogno d'indumenti che esponessero le mie cicatrici e nascondessero le mie armi: due esigenze tutt'altro che facili da conciliare. Insomma avrei dovuto dedicare il pomeriggio allo shopping, cosa che detesto, dato che la considero uno dei mali ineludibili dell'esistenza, come i cavolini di Bruxelles e le scarpe coi tacchi alti. Certo, era meglio fare shopping che essere minacciata di morte dai vampiri. Pomeriggio: acquisti.
Sera: freak party. Un programma perfetto per un sabato davvero indimenticabile.
 
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