Capitolo 25

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petite88
view post Posted on 21/1/2008, 21:56





25



La donna si addossò alla parete per lasciarci passare, quindi chiuse la porta alle nostre spalle, ma non a chiave per impedirci di uscire, come invece mi aspettavo. Quando allontanai risolutamente la sua mano dalle mie cicatrici, Phillip mi passò un braccio intorno alla vita e mi guidò per un corridoio lungo e stretto. Avvertii un ronzio di sottofondo e compresi che la casa era mantenuta fresca grazie a un condizionatore.
Arrivammo a un arco che si apriva su un soggiorno, arredato con un divano, un divanetto a due posti, due sedie e alcune piante appese davanti a un bovindo. Le ombre del pomeriggio serpeggiavano sui tappeti. L'insieme era accogliente. Al centro della stanza, con un bicchiere in mano, stava un uomo che sembrava uscito da una rivista sadomaso, con fasce di cuoio che s'incrociavano intorno al busto e alle braccia: pareva la versione hollywoodiana di un super-gladiatore del sesso.
Dovevo proprio scusarmi con Phillip: quel suo abbigliamento, da me considerato così di cattivo gusto, era invece del tutto convenzionale. L'allegra padrona di casa in biancheria porpora ci seguì e posò sul braccio di Phillip una mano dalle unghie laccate di un porpora scuro, quasi nero, con cui lo graffiò, lasciando sottili tracce sanguinanti.
Accanto a me, Phillip rabbrividì e rinserrò l'abbraccio con cui mi cingeva la vita. Era forse quella la sua idea di divertimento? Speravo proprio di no.
Dal divano si alzò una donna nera, alta, il cui seno abbondante minacciava di schizzar fuori dal reggiseno nero del baby-doll cremisi con più fori che pizzo, che ondeggiava a ogni suo movimento, lasciando balenare carne nera. Le cicatrici rosee su un polso e sul collo rivelavano che la donna nera era una junkie da poco tempo. Ci camminò intorno, osservandoci, come se fossimo merce in vendita da esaminare. Quando mi accarezzò la schiena, mi staccai da Phillip e mi girai a guardarla.
«La cicatrice sulla tua schiena... Cos'è?» chiese la donna nera, con una voce quasi tenorile. «Non è il morso di un vampiro.»
«Uno schiavo umano mi ha conficcato nella schiena un pezzo di legno acuminato», spiegai, senza precisare che il pezzo di legno acuminato in questione era uno dei miei paletti. E non aggiunsi neppure che, quella stessa notte, avevo ucciso lo schiavo umano.
«Il mio nome è Rochelle.»
«Io sono Anita.»
La padrona di casa mi si avvicinò per accarezzarmi un braccio, poi, mentre mi scostavo, mi graffiò, lasciando sottili tracce sanguinanti anche sulla mia pelle. Resistetti alla tentazione di massaggiarmi il braccio, tuttavia mi preoccupò l'espressione negli occhi della donna, la quale mi osservava come se si stesse chiedendo che sapore avessi e quanto sarei durata.
Non ero mai stata guardata così da un'altra donna e la cosa non era affatto piacevole.
«Mi chiamo Madge. E quello è mio marito, Harvey», disse la padrona di casa, indicando l'uomo avvolto nel cuoio, che si era accostato a Rochelle.
«Benvenuta nella nostra casa. Phillip ci ha parlato molto di te, Anita.»
Mentre Harvey, alle mie spalle, cercava di avvicinarsi, raggiunsi il divano, in modo da poterlo fronteggiare. Avevo la sensazione che i freak mi girassero intorno come squali, però, notando l'espressione dura con cui Phillip mi guardava, mi resi conto che avrei dovuto comportarmi come se mi divertissi, non come se fossero tutti appestati.
Quale poteva essere il male minore? Era una domanda da un milione di dollari. Madge si leccava le labbra lentamente, allusivamente, e i suoi occhi dicevano che stava pensando cose perverse su di me e su se stessa.
Niente da fare.
Invece, Rochelle faceva roteare il baby-doll. Be', sarei morta, piuttosto.
Restava Harvey, che, con le dita tozze, accarezzava ripetutamente il cuoio borchiato del gonnellino che indossava. Merda...
Lo abbagliai col mio miglior sorriso professionale, non seducente, ma pur sempre meglio di un cipiglio. Harvey sgranò gli occhi, poi avanzò di un passo, protendendo una mano a toccarmi il braccio sinistro, e io, inspirando profondamente e congelando il sorriso, sopportai quel contatto.
Dopo avermi sfiorato la piega del gomito sino a farmi rabbrividire, Harvey pensò che la mia reazione fosse un invito e si avvicinò finché i nostri corpi quasi si toccarono. Per fermarlo, gli posai una mano sul petto folto di peli ispidi, grossi, neri, anche se non sono certo un'appassionata di toraci villosi. Quando mi passò un braccio intorno alla vita, non seppi come comportarmi. Se fossi indietreggiata di un passo, sarei stata costretta a sedermi sul divano. Pessima idea. Se fossi avanzata di un passo, avrei aderito
a tutto quel cuoio e a tutta quella pelle.
«Morivo dalla voglia di conoscerti», sorrise Harvey, pronunciando la parola
«morivo» come se fosse un'oscenità, oppure una battuta allusiva.
Tutti gli altri risero, tranne Phillip, che mi prese per un braccio e mi allontanò da Harvey. Mi appoggiai a lui, arrivando persino a circondargli la vita con le braccia. Era la prima volta in assoluto che abbracciavo un uomo che indossava una canottiera a rete, e fu una sensazione interessante.
«Ricordate quello che vi ho detto», avverti Phillip.
«Certo, certo...» gli assicurò Madge. «È tutta tua, soltanto tua: niente condivisione, niente scambi...» Si avvicinò, ancheggiando. Coi tacchi, era alta quanto Phillip, perciò poteva guardarlo dritto negli occhi. «Puoi proteggerla da noi, per adesso, ma quando arriveranno i pezzi grossi la condividerai: sarai costretto.»
Phillip la scrutò obbligandola a distogliere lo sguardo: «L'ho accompagnata qui e la riaccompagnerò a casa».
«Vuoi opporti a loro?» Madge inarcò un sopracciglio. «Phillip, ragazzo mio... Sarà anche un bel pezzo di figa, ma per nessuna puttana vale la pena far incazzare i grossi calibri...»
Scostandomi da Phillip, posai una mano sullo stomaco di Madge e spinsi quel tanto che bastava per farla indietreggiare, ma lei perse l'equilibrio a causa dei tacchi alti e rischiò di cadere. «Chiariamo subito una cosa... Non sono un pezzo di niente, e non sono neanche una puttana.»
«Anita...» intervenne Phillip.
«Guarda, guarda... Che caratterino!» commentò Madge. «Dove l'hai trovata, Phillip?»
Odio sembrare divertente quando sono arrabbiata, così mi avvicinai risolutamente di un passo, e lei, guardandomi dall'alto, sorrise. «Lo sai che, quando sorridi, vengono fuori le rughe intorno alla bocca? Scommetto che hai più di quarant'anni...»
Con un sospiro ansimante, Madge indietreggiò. «Troietta che non sei altro...»
«Madge, cara... Non chiamarmi mai più 'pezzo di figa'. D'accordo?»
Col seno considerevole che ondeggiava, Rochelle rideva in silenzio, mentre Harvey era rimasto impassibile, con gli occhi molto lucidi, ma senza ombra di divertimento. Scommetto che se soltanto avesse osato abbozzare un sorriso, Madge l'avrebbe picchiato.
In fondo al corridoio, una porta fu aperta e richiusa. Nel soggiorno entrò una donna sulla cinquantina, col viso paffuto incorniciato da capelli biondissimi e le manine altrettanto paffute che scintillavano di anelli con pietre autentiche. Indossava una camicia da notte in pizzo, aperta, e una lunga vestaglia che cadeva a spazzare il pavimento. Il nero della vestaglia riusciva a nascondere un po' il fatto che era in sovrappeso, ma non del tutto.
D'improvviso, con uno strillo, la bionda partì di corsa. Io mi affrettai a togliermi dalla sua strada per evitare di essere travolta e Phillip ebbe appena il tempo di prepararsi a sostenere l'urto del suo peso considerevole prima che lei gli gettasse le braccia al collo. Per un attimo pensai che Phillip fosse sul punto di cadere all'indietro con lei addosso, invece raddrizzò la schiena, contrasse i muscoli delle gambe e sostenne entrambi.
«Questa è Crystal», la presentò Harvey, mentre la matrona baciava il petto di Phillip e con le manine paffute cercava di sfilargli la canottiera dai calzoni per toccare la carne, simile a un'allegra cagnolina in calore.
Tentando di scoraggiarla - ma senza troppo successo, Phillip mi lanciò una lunga occhiata. Ricordai che mi aveva detto di aver smesso di partecipare a quei party. Era forse quello il motivo, ossia le attenzioni di Crystal e di altre come lei, inclusa Madge dalle unghie affilate? E io, nel costringerlo ad accompagnarmi, lo avevo obbligato a partecipare di nuovo a uno di quegli incontri...
Da quel punto di vista, Phillip si trovava lì solo per colpa mia. Mi resi conto che forse ero in debito con lui.
Dolcemente, accarezzai una guancia della bionda, che mi guardò, sbattendo le palpebre. Era forse miope? «Crystal...» dissi, col mio sorriso più angelico. «Scusa, Crystal... Non voglio essere scortese, ma... Stai toccando il mio compagno...»
Spalancando la bocca, Crystal mi fissò con gli occhi chiari che quasi schizzavano dalle orbite. «Compagno?» strillò. «Nessuno ha un compagno o una compagna, a un party!»
«Be', io sono nuova e ancora non conosco le regole. Nel mio ambiente, però, non usa che una donna si metta a palpare il compagno di un'altra.
Aspetta almeno che io non stia guardando. Okay?»
Mentre Crystal continuava a fissarmi, i suoi occhi si riempirono di lacrime e il suo labbro inferiore cominciò a tremare. Ero stata gentile, persino rispettosa, eppure stava per mettersi a piangere. Che cosa diavolo ci faceva in mezzo a quella gente?
Madge le cinse le spalle con un braccio e si allontanò con lei, mormorandole parole tranquillizzanti e accarezzandole le braccia fasciate di seta nera.
«Molto brutale», commentò Rochelle, prima di girarmi le spalle per andare all'armadietto dei liquori.
Senza una parola e neppure un'occhiata, Harvey seguì Madge e Crystal.
Sembrava che avessi preso a calci un cucciolo.
Con un lungo sospiro, Phillip sedette sul divano e intrecciò le mani fra le ginocchia. «Non credo di farcela», sussurrò, mentre mi sedevo accanto a lui, avvolgendomi la gonna intorno alle gambe.
Posandogli una mano su un braccio, lo sentii tremare: un tremito ininterrotto che non mi piacque affatto. Non mi ero resa conto di quanto gli sarebbe costato partecipare a quel party, ma stavo cominciando a capirlo.
«Possiamo andare.»
Molto lentamente, Phillip si girò a guardarmi. «Che vuoi dire?»
«Voglio dire che possiamo andare.»
«E te ne andresti adesso, senza avere scoperto niente, soltanto perché ho qualche problema?»
«Diciamo piuttosto che ti preferisco nella versione seduttore ultrasicuro di se stesso. Se ti comporti spontaneamente, anziché recitare questa parte, mi confondi. Quindi possiamo andare, se non ce la fai.»
Dopo un sospiro lungo e profondo, Phillip si scrollò, come un cane che uscisse dall'acqua. «Posso farcela. Se posso scegliere, posso farcela.»
Toccò a me scrutarlo, perplessa. «Perché? Non potevi scegliere, prima?»
«Be'...» Phillip distolse lo sguardo. «Mi sentivo obbligato ad accompagnarti, visto che volevi partecipare.»
«No, dannazione! Non è affatto quello che intendevi!» Prendendogli il viso con una mano, lo costrinsi a girare la testa e a guardarmi. «Ti è stato ordinato di presentarti da me in ufficio, vero? Non era soltanto per avere notizie di Jean-Claude...»
Senza rispondere, Phillip sgranò gli occhi.
Sentii accelerare le sue pulsazioni. «Di cos'hai paura? Chi ti dà gli ordini?»
«Ti prego, Anita... Non posso...»
Mi lasciai cadere la mano in grembo. «A chi obbedisci?»
A fatica, Phillip deglutì. «Qui devo soltanto proteggerti: nient'altro.»
Sotto il livido del morso, la sua carotide palpitava affannosamente. In maniera non seduttiva, bensì ansiosa, si umettò le labbra. Stava mentendo, ma fino a che punto, e a proposito di cosa?
Dal corridoio giunse la voce di Madge, allegra e fascinosa. Ci raggiunse in soggiorno, portandosi dietro una donna dai capelli corti, castano-ramati, e gli occhi dal trucco così pesante da sembrare imbrattati di verde. Sorridente, incantevole al massimo, Edward teneva un braccio intorno alla vita nuda della moglie di Harvey. Quando lui le sussurrò qualcosa, Madge si abbandonò a una risata profonda e sonora.
Per un istante, la sua comparsa mi paralizzò. Edward avrebbe potuto ammazzarmi mentre stavo seduta a fissarlo a bocca aperta. Cosa diavolo ci faceva lì?
Mentre Madge conduceva lui e la donna al bar, Edward girò la testa a lanciarmi un sorriso delicato che tuttavia lasciò i suoi occhi azzurri vacui come quelli di una bambola.
Le mie ventiquattro ore non erano ancora scadute: lo sapevo! Dunque Edward aveva deciso di venire lì a cercare Nikolaos. Ci aveva forse seguiti, magari dopo avere ascoltato il messaggio che Phillip mi aveva lasciato sulla segreteria telefonica?
«Qualcosa non va?» domandò Phillip.
«Se qualcosa non va? Tu stai prendendo ordini da qualcuno, probabilmente un vampiro, e...» Terminai mentalmente la frase:... e la Morte è appena entrata a passo di danza, recitando la parte del freak, ma, in realta, sta cercando Nikolaos. C'era un'unica ragione per cui Edward era alla ricerca di un vampiro in particolare: era deciso, se possibile, a eliminarlo. E in quel caso la sua preda era la Master della città.
Forse Edward aveva finalmente trovato un'avversaria degna di lui. Avevo creduto di voler assistere al momento della sua sconfitta in modo da scoprire quale preda fosse troppo formidabile perché la Morte potesse annientarla, ma purtroppo avevo già incontrato quella preda. Se Edward e Nikolaos si fossero scontrati, e se la Master avesse anche soltanto sospettato il mio coinvolgimento... Merda!
Dovevo tradire Edward. Dopotutto, mi aveva minacciata e non a vanvera: non avrebbe esitato a torturarmi pur di ottenere l'informazione che voleva.
Cosa gli dovevo? Ma non potevo farlo e non volevo. Un umano non tradisce un altro umano per consegnarlo ai vampiri, per nessuna ragione.
Disprezzavo Monica proprio perché aveva infranto quella regola. Inoltre, io ero per Edward quanto di più prossimo avesse a una vera amica, cioè una persona che sapeva chi era, cosa era e che, nonostante ciò, lo apprezzava.
Già: Edward mi piaceva, nonostante ciò che era, o forse proprio per quello. Anche se sapevo che in certe circostanze mi avrebbe uccisa? Sì, anche. Da quel punto di vista non aveva molto senso, ma non potevo preoccuparmi dell'etica di Edward: l'unica persona che dovevo guardare allo specchio era me stessa, e l'unico dilemma etico che potevo risolvere era il mio.
Guardai Edward, che scambiava smancerie con Madge. Era molto più bravo di me a recitare, come pure a mentire.
Non avevo nessuna intenzione di tradirlo, e lui lo aveva previsto: a suo modo, anche lui conosceva me, perciò aveva scommesso la sua vita sulla mia integrità, e questo mi faceva incazzare, perché detesto essere usata. La mia lealtà era diventata la punizione di se stessa.
Ma forse, benché non sapessi ancora come, avrei potuto servirmi di Edward proprio come lui si stava servendo di me. Forse avrei potuto sfruttare il suo cinismo come lui stava sfruttando la mia rettitudine.
Qualche possibilità esisteva.
 
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