Capitolo 27

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petite88
view post Posted on 22/1/2008, 20:59





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In corridoio, Madge ci fermò, poi allungò una mano per toccarmi il collo e, quando la bloccai, afferrandole il polso, commentò: «Suscettibile, eh?
Non ti è piaciuto? Non dirmi che stai con lui da un mese e che Phillip non ti aveva ancora assaggiata!» Abbassò il reggiseno in seta per esporre il petto, rivelando una serie perfetta di morsi sulla carne pallida.
«È il marchio di Phillip. Non lo sapevi?»
«No.» Passai oltre e feci per entrare in soggiorno. Un uomo che non conoscevo cadde improvvisamente ai miei piedi e Crystal gli fu subito addosso per schiacciarlo sul pavimento. Abbastanza giovane e piuttosto spaventato, alzò gli occhi a guardarmi come se fosse sul punto di chiedere aiuto, ma Crystal gli chiuse la bocca con un bacio bavoso e profondo, come se stesse bevendo. Lui le sollevò le pieghe di seta della camicia da notte, denudando le cosce incredibilmente bianche, simili a balene arenate sulla spiaggia.
Mi girai di scatto, incamminandomi verso la porta, accompagnata dai colpi dei tacchi sul parquet. Se non avessi saputo che non era affatto così, avrei detto che sembrava una fuga. Alla porta, Phillip mi afferrò con una mano e con l'altra si appoggiò all'uscio per impedirmi di aprirlo.
Inspirai profondamente per calmarmi. Ero decisa a non perdere la pazienza: non ancora.
«Mi spiace, Anita, ma è meglio così: adesso sei al sicuro, almeno dagli umani.»
Alzai lo sguardo e scossi la testa. «Mi hai frainteso. Ho soltanto bisogno di aria, Phillip. Non sto abbandonando il party, se è questo che temi.»
«Ti accompagno.»
«No, altrimenti uscire sarebbe inutile, visto che sei una delle persone da cui voglio allontanarmi.»
Senza replicare, Phillip indietreggiò, lasciando cadere le braccia, e chiuse gli occhi, sulla difensiva.
Non capivo perché la mia risposta avesse ferito i suoi sentimenti, e non volevo saperlo.
«È già buio. Tra poco saranno qui e, se sarai sola, non potrò aiutarti.»
Mi avvicinai a lui. «Siamo sinceri, Phillip...» replicai, quasi in un sussurro.
«Sono molto più brava di te a difendere me stessa. Il primo vampiro che fa un cenno può averti per colazione.» Mi accorsi che il suo viso cominciava a sgretolarsi e rifiutai di assistere allo sfacelo. «Dannazione, Phillip! Controllati!» Uscii nel portico, resistendo alla tentazione di sbattermi la porta alle spalle perché sarebbe stato infantile. In effetti mi sentivo un po' infantile, in quel momento, ma preferivo non sfogarmi.
Le cicale e i grilli riempivano la notte. Il vento scuoteva le chiome degli alberi, ma non scendeva a sfiorare il suolo, dove l'aria era ferma e stantia come plastica. Tuttavia, dopo l'aria condizionata della casa, il caldo era gradevole perché era reale e, in qualche modo, anche purificante. Di nuovo toccai il morso sul collo, sentendomi sporca, sfruttata, violentata, irosa, incazzata.
Ero sicura che non avrei scoperto nulla in quella casa. Anzi, in quel momento, l'idea di qualcuno o di qualcosa che eliminava i vampiri non mi era del tutto sgradita.
Naturalmente la mia «simpatia» per l'assassino non aveva la minima importanza, perché Nikolaos si aspettava che risolvessi il caso. E sarebbe stato meglio che ci riuscissi, per me stessa e per Catherine.
Nel respirare profondamente l'aria immota, sentii le prime increspature di... potere: filtrava tra gli alberi come il vento, ma il suo tocco non rinfrescava la pelle. Fui percorsa da un lungo brivido. Vampiri... Chiunque fossero, erano potenti, e stavano cercando di resuscitare un morto.
Nonostante il caldo, aveva piovuto da poco e i miei tacchi affondarono subito nel suolo morbido, tra l'erba, costringendomi a camminare in punta di piedi. Inoltre, a causa delle ghiande sparse ovunque, mi sembrava di camminare sulle biglie. Caddi contro un albero, sbattendo dolorosamente la spalla che Aubrey aveva tanto gentilmente percosso.
Da vicino giunse un suono acuto, vibrante di terrore. Era stata un'illusione prodotta dall'aria immota, oppure si era trattato davvero di una capra? Il suono si spense in un gorgoglio umido e soffocato. Giunsi al margine del bosco, sul prato dietro la casa, inargentato dalla luna.
Sfilata una scarpa, provai ad appoggiare il piede al suolo: era umido, freddo, ma sopportabile. Mi tolsi anche l'altra scarpa, poi, tenendole entrambe con una mano, corsi attraverso il prato, vasto e deserto nell'oscurità argentea, verso la siepe molto alta lungo il margine opposto. La tomba doveva essere là, perché null'altro poteva nasconderla.
Il rituale per resuscitare i morti è relativamente breve. Mentre il potere si sprigionava nella notte e si accumulava lentamente e gradualmente nella tomba, una «magia» calda mi afferrò allo stomaco e mi attirò alla siepe, che torreggiava nera nella luce lunare, tanto alta e fitta che attraversarla era impossibile.
Un grido maschile fu seguito dalla voce di una donna: «Dov'è? Dov'è la zombie che ci hai promesso?»
«Era troppo vecchia!» rispose l'uomo, con voce esile di paura.
«Hai detto che le galline non sarebbero bastate, così ti abbiamo portato una capra per il sacrificio, ma non c'è nessuna zombie. Credevo che fossi bravo, nel tuo lavoro.»
Costeggiando la siepe, arrivai a un cancelletto metallico, arrugginito e sbilenco, che si aprì cigolando, inducendo più di dodici paia di occhi a volgersi nella mia direzione. Visi pallidi, nell'assoluta immobilità della non-morte: vampiri. Fra le antiche lapidi del piccolo cimitero di famiglia, attendevano. Nessuno attende più pazientemente dei morti.
Uno dei vampiri più vicini a me era il nero che avevo visto nel rifugio di Nikolaos. Con le pulsazioni accelerate, osservai il gruppo: per fortuna, la Master non c'era.
Il vampiro nero sorrise. «Sei venuta ad assistere... Risvegliante?»
Mi sbagliavo, oppure aveva pronunciato quell'ultima parola in modo un po' esitante? Era forse un segreto? Comunque ordinò con un gesto agli altri di lasciarmi avvicinare, affinché potessi vedere quello che stava succedendo.
Al suolo giaceva Zachary, con la camicia impregnata di sangue. In piedi accanto a lui, con le mani sui fianchi, stava Theresa, vestita di un abito nero che lasciava scoperta soltanto una striscia di pelle sul petto, pallida e quasi luminosa alla luce delle stelle.
Dopo avermi lanciato un'occhiata rapidissima, la vampira si rivolse di nuovo al risvegliante: «Ebbene, Zachary... Dov'è la nostra zombie?»
Lui deglutì. «È troppo vecchia. Non resta abbastanza energia...»
«Ha soltanto cent'anni, Risvegliante. Sei dunque tanto debole?»
Abbassando lo sguardo, Zachary affondò le dita nel suolo morbido, poi mi guardò fugacemente, senza che riuscissi a capire che cosa voleva comunicarmi.
Paura? Un'esortazione a fuggire? Una richiesta d'aiuto?
«A che serve un risvegliante che non sa resuscitare i morti?» D'improvviso, Theresa s'inginocchiò accanto a Zachary e gli toccò le spalle, facendolo trasalire.
Una tensione che era quasi un movimento percorse come un'onda il cerchio dei vampiri. Capii che intendevano uccidere il risvegliante e che la sua incapacità di resuscitare la zombie era soltanto un pretesto, faceva parte del gioco.
Sulla schiena, Theresa strappò la camicia, che ricadde fluttuando intorno alle braccia di Zachary, ancora infilata nei pantaloni.
Un sospiro collettivo si levò dai vampiri.
Intorno al bicipite destro, Zachary portava una fascia di corde e di perline intrecciate. Era un gris-gris, un amuleto vudù, che tuttavia non lo avrebbe protetto da ciò che stava per accadere. Quale che fosse la sua funzione, non era abbastanza potente.
«Forse sei soltanto carne fresca...» riprese Theresa, in un sussurro teatrale.
I vampiri si avvicinarono, silenziosi come il vento sull'erba.
Non potevo starmene lì, a guardare: Zachary era un risvegliante, un collega, oltre che un essere umano. Non potevo lasciare che fosse ucciso in quel modo davanti ai miei occhi. «Aspettate...»
Nessuno parve udirmi. I vampiri continuarono ad avvicinarsi a Zachary fino a nasconderlo alla mia vista. Se uno soltanto di loro lo avesse morso, la frenesia si sarebbe scatenata. Ne ero già stata testimone una volta e, se mi fosse successo di nuovo, non avrei più cessato di essere perseguitata dagli incubi. Così alzai la voce, sperando di essere ascoltata: «Aspettate!
Non appartiene forse a Nikolaos? Non ha forse chiamato 'Master' Nikolaos? »
I vampiri esitarono, poi si scostarono per lasciar passare Theresa, che si fermò davanti a me e mi fissò. «Non sono affari tuoi.»
«Ho deciso d'immischiarmi.» Non evitai il suo sguardo: era una preoccupazione in meno.
«Vuoi fare la sua stessa fine?»
I vampiri si allontanarono da Zachary in modo da circondare anche me, ma io non me ne curai, anche perché non avrei potuto fare granché per impedirlo.
Se non fossi riuscita a salvare Zachary, sarei morta anch'io, com'era molto probabile.
«Voglio parlare con Zachary, da collega a collega.»
«Perché?» chiese Theresa.
Mi avvicinai a lei sin quasi a toccarla. La sua collera era palpabile, perché
la stavo sminuendo davanti agli altri vampiri: lo sapevamo entrambe.
«Nikolaos ha ordinato che lui muoia, Theresa, però vuole che io viva», sussurrai, benché sapessi che comunque gli altri avrebbero sentito. «Che cosa ti farebbe, se io restassi accidentalmente uccisa, qui, stanotte?» Le alitai in faccia le ultime parole. «Vuoi forse trascorrere l'eternità in una bara sigillata con una croce e catene d'argento?»
Con un ringhio, Theresa si scostò da me, come se l'avessi ustionata.
«Che tu sia dannata, mortale! Che tu sia dannata all'inferno!» I capelli neri le crepitavano intorno al viso, le mani erano contratte come artigli.
«Parlagli, per quel che ti può servire! Deve resuscitare questa zombie! Altrimenti è nostro. Così ha deciso Nikolaos.»
«Se resuscitasse la zombie, potrebbe andarsene, libero e illeso?»
«Sì. Ma non può riuscirci, perché non è abbastanza forte.»
«Ed era proprio su questo che contava Nikolaos...»
Con una feroce contrazione delle labbra che rivelò le zanne, Theresa sorrise.
«Sì...» Mi girò le spalle e s'incamminò risolutamente verso gli altri vampiri, i quali, come piccioni spaventati, si scostarono al suo passaggio.
Mi accucciai vicino a Zachary. «Sei ferito?»
Il risvegliante scosse la testa e alzò gli occhi smorti per scrutarmi. «Apprezzo il tuo gesto, ma stanotte cercheranno di uccidermi e non c'è niente che tu possa fare per impedirlo.» Abbozzò un sorriso. «Anche tu hai i tuoi limiti.»
«Insieme possiamo resuscitare questa zombie, se ti fidi di me.»
Accigliato, lui continuò a fissarmi con un'espressione indecifrabile, in cui la perplessità si mescolava ad altro. «Perché?»
Zachary aveva assistito alla tortura di un uomo senza alzare una mano per fermarla. Potevo rispondergli che semplicemente non avrei sopportato di assistere alla sua morte? Preferii la spiegazione più semplice. «Perché non posso permettere che ti uccidano, se posso impedirlo.»
«Non ti capisco, Anita... Non ti capisco proprio.»
«Allora siamo in due. Riesci ad alzarti?»
Il risvegliante annuì. «Che cos'hai in mente?»
«Condivideremo il nostro potere.»
Zachary sgranò gli occhi. «Sai focalizzare?»
«L'ho già fatto due volte.» Non precisai di avere compiuto quell'impresa sempre con la medesima persona, la stessa che mi aveva addestrata. In altre parole, era un'operazione che non avevo mai compiuto con un estraneo.
«Sei sicura di volerlo fare?» chiese Zachary.
«Che cosa? Salvarti?»
«Condividere il tuo potere.»
Con un frusciante ondeggiare della veste, Theresa si avvicinò a noi.
«Basta così, Risvegliante. Lui non può farlo, perciò pagherà il prezzo. Vattene subito, oppure unisciti a noi per il... banchetto.»
«Siete veramente disgustosi, ma tu lo sei più di tutti.»
«Vuoi forse morire?»
Mi alzai molto lentamente, avvertendo per la prima volta la certezza assoluta che quella vampira non costituiva un pericolo, per me. Forse era una sensazione stupida, eppure mi pareva solida, reale. «Forse qualcuno mi ucciderà prima che tutta questa faccenda sia finita, Theresa...» Avanzai di un passo, obbligandola a indietreggiare. «Ma non sarai tu.»
In quel momento, potei quasi assaporare la pulsazione del suo sangue.
Aveva paura di me? Stavo forse impazzendo? Avevo appena sfidato una vampira centenaria, e lei era indietreggiata. Mi sentivo smarrita, quasi in preda alle vertigini, come se la realtà si fosse trasferita altrove e nessuno mi avesse avvertito.
Coi pugni contratti, Theresa mi girò nuovamente le spalle. «Resuscitate il cadavere, risveglianti, oppure vi ammazzerò entrambi, lo giuro su tutto il sangue che mai è stato sparso.»
La minaccia, credo, non fu vana. Mi scrollai come un cane che uscisse da acque profonde. Avevo una dozzina di vampiri da placare e un cadavere centenario da resuscitare. «In piedi, Zachary. È tempo di mettersi all'opera.»
Lui si alzò. «Non ho mai lavorato con una focalizzatrice, prima d'ora.
Devi spiegarmi quello che devo fare.»
«Non c'è problema.»
 
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