Capitolo 29

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petite88
view post Posted on 22/1/2008, 21:42





29



Scivolai sull'erba umida: dopotutto, le calze non sono fatte per correre.
Ne approfittai per rimanere seduta a respirare. Avevo resuscitato una defunta per salvare un essere che sembrava umano anche se non lo era più, e in quel momento i vampiri stavano torturando la zombie. E non è ancora mezzanotte... pensai. E adesso?
«Salve, Risvegliante», rispose una voce dolce e musicale. «A quanto pare, hai parecchio da fare, stanotte...»
In mezzo agli alberi c'era Nikolaos, e accanto a lei, non a fianco, bensì un po' in disparte, come una guardia del corpo, stava Willie McCoy.
Avrei scommesso che la sua funzione era quella dello schiavo.
«Sembri agitata... Che cosa sarà mai successo?» riprese Nikolaos, in tono cantilenante. La ragazzina pericolosa era tornata.
«Zachary ha resuscitato la zombie, quindi non puoi sfruttare questo pretesto per ammazzarlo.» Risi, e quella risata suonò brusca e aspra persino a me. Probabilmente, Nikolaos non sapeva che Zachary era già morto perché non aveva il potere di leggere nella mente, ma soltanto quello di obbligare a dire la verità. Avrei scommesso che non aveva mai pensato di chiedere:
Dimmi, Zachary... Sei vivo, oppure sei soltanto un cadavere che cammina?
Risi di nuovo, senza riuscire a smettere.
«Anita...» chiese Willie, con la voce che aveva sempre avuto. «Ti senti bene?»
Annuii, cercando di riprendere fiato. «Sto benissimo.»
«Non vedo che cosa ci sia di divertente, Risvegliante.» Nikolaos stava perdendo la voce da ragazzina, come una maschera che scivolasse dal viso.
«Hai aiutato Zachary a resuscitare la zombie...» aggiunse, in tono d'accusa.
«Sì.»
Udii un movimento sull'erba, ma si trattava soltanto dei passi di Willie.
Alzando lo sguardo, vidi Nikolaos avanzare verso di me, silenziosa come una gatta. Per un momento mi apparve sorridente come una bimba bella, simpatica, innocua, poi la perfetta sposa bambina perse la sua perfezione, il suo viso si allungò un poco, e più mi si avvicinava, più i difetti diventavano evidenti. Stavo forse scorgendo il suo vero aspetto? Era davvero così?
«Mi stai fissando, Risvegliante.» Nikolaos emise una risata acuta e selvaggia come l'ululare del vento nella tempesta. «Sembra che tu abbia visto uno spettro!» S'inginocchiò, accomodandosi i calzoni come se fossero una gonna. «Hai visto uno spettro, Risvegliante? Hai visto qualcosa che ti ha spaventata? Oppure si tratta di qualcos'altro?» Il suo viso era a meno di un metro dal mio.
Trattenevo il fiato, con le dita conficcate nel suolo. Gelida, la paura mi fasciava tutto il corpo come una seconda pelle. Il volto della vampira era così simpatico, sorridente, incoraggiante... Quando cercai di parlare, la voce mi si strozzò nella laringe, perciò fui costretta a tossire per schiarirmela.
«Ho resuscitato la zombie. Non voglio che soffra.»
«Ma è soltanto una zombie, Risvegliante, dunque non ha una vera mente, né un vero spirito.»
In silenzio, continuai a fissare il viso magro e grazioso, timorosa di distogliere
lo sguardo e nel contempo timorosa di guardare. Mi sentivo opprimere il petto dalla smania di fuggire. «Era un essere umano. Non voglio che sia torturata.»
«I miei piccoli vampiri non la faranno soffrire molto. Rimarranno delusi, perché i morti non possono nutrirsi di morti.»
«I necrofagi possono: si nutrono di cadaveri.»
«Ma dimmi, Risvegliante... Che cos'è un necrofago? È davvero un morto?»
«Sì.»
«E io, sono morta?»
«Sì.»
«Ne sei certa?» Accanto al labbro superiore, Nikolaos aveva una piccola cicatrice, che doveva essersi procurata prima di morire.
«Ne sono certa.»
Allora lei scoppiò in una risata tale da suscitare il sorriso e da rallegrare il cuore, ma io ebbi come uno spasmo allo stomaco, e in quel momento pensai che forse i film di Shirley Temple non mi sarebbero piaciuti mai più. «Credo che tu non ne sia affatto sicura.» La Master si alzò con un movimento fluido. Mille anni di esercizio conducono alla perfezione.
«Voglio che la zombie sia di nuovo sotterrata: stanotte, subito.»
«Non sei nella posizione di pretendere un bel niente», rispose Nikolaos, in tono gelido, molto adulto. Le bambine non sanno parlare con voce sferzante come uno scudiscio.
«L'ho resuscitata. Non voglio che sia torturata.»
«Non è un peccato?»
Cos'altro avrei potuto dire? «Ti prego...»
La Master mi fissò. «Perché è tanto importante per te?»
Temevo di non essere in grado di spiegarlo. «Lo è. Punto e basta.»
«Quanto?»
«Non capisco...»
«Che cosa saresti disposta a sopportare per la tua zombie?»
La paura mi si rapprese in un grumo freddo alla bocca dello stomaco.
«Continuo a non capire...»
«Invece capisci benissimo.»
Mi alzai, pur sapendo che non sarebbe servito a nulla, anche se, in verità, ero più alta di Nikolaos, che era una ragazzina piccola e delicata come una fata. «Cosa vuoi?»
«Non farlo, Anita!» Willie si teneva in disparte, come se avesse paura di avvicinarsi troppo, dimostrando così di essere più perspicace da morto di quanto non fosse mai stato da vivo.
«Taci, Willie», ordinò Nikolaos, senza alzare la voce, senza minacciare, in tono pacato, però inducendo immediatamente l'altro a tacere, come un cane ben addestrato. Forse colse la domanda inespressa che trapelava dal mio sguardo, comunque riprese: «Ho punito Willie per non essere riuscito ad assumerti, la prima volta».
«Punito?»
«Sicuramente Phillip ti ha descritto i nostri metodi...»
Annuii. «Una bara sigillata con croci e catene d'argento.»
La Master mi rivolse un sorriso luminoso e allegro, che le ombre resero perverso. «Willie aveva molta paura che lo lasciassi imprigionato per mesi, forse per anni...»
«E i vampiri non possono morire di fame... Sì, afferro il concetto.» E pensai: Che stronza! A un certo punto, la mia paura si trasforma sempre in rabbia, un sentimento assai più stimolante.
«Profumi di sangue fresco... Lascia che ti assaggi e salverò la tua zombie. »
«Assaggiare significa mordere?»
La Master si abbandonò a una risata dolce e straziante.
Puttana!
«Sì, umana! Significa mordere.» D'improvviso, Nikolaos mi fu accanto, e quando io, involontariamente, mi scostai di scatto, rise di nuovo. «A quanto pare, Phillip mi ha preceduta...»
Per un momento non riuscii a capire, poi mi toccai il morso sul collo, sentendomi improvvisamente a disagio, come se la vampira mi avesse sorpresa nuda.
La risata di Nikolaos, galleggiante nell'aria estiva, cominciò davvero a darmi sui nervi. «No, è escluso.»
«Allora lascia che entri di nuovo nella tua mente. È una forma di nutrimento...»
Scossi la testa troppo rapidamente. Avrei preferito morire, piuttosto che permetterle di rientrare nella mia mente... Se avessi potuto scegliere...
D'un tratto sentimmo lo strillo di Estelle, che aveva ritrovato la voce, e io trasalii come se mi avessero schiaffeggiata.
«Permettimi di assaggiare il tuo sangue, Risvegliante. Niente zanne...» assicurò Nikolaos, lasciando lampeggiare i canini acuminati. «Tu resta immobile, non reagire. Assaporerò il tuo sangue dalla ferita che hai sul collo. Non mi nutrirò di te.»
«La ferita non sanguina più.»
«La riaprirò, leccandola», sorrise Nikolaos. E che dolce sorriso fu quello...
Non sapevo cosa fare. Poi si udì un nuovo grido, acuto, disperato. Dio mio...
«Anita...» intervenne Willie.
«Silenzio, se non vuoi rischiare la mia collera», lo redarguì Nikolaos, in un brontolio cupo e tenebroso che indusse Willie, il viso pallido sotto i capelli neri, a farsi piccolo piccolo, come se si raggrinzisse.
«So cavarmela, Willie. Non metterti nei guai a causa mia.»
Dalla distanza che ci separava - soltanto alcuni metri, che però sembravano parecchi chilometri -, Willie mi fissò, e la sua espressione smarrita mi fu d'aiuto.
Povero Willie... E povera me! «Che cosa ne ricaverai, se non ti nutrirai del mio sangue?» chiesi a Nikolaos.
«Nulla.» Protese una manina pallida verso di me. «Naturalmente la paura è una sorta di sostanza...»
Quando le sue dita fredde scivolarono intorno al mio polso, trasalii, ma non mi ritrassi. Ho davvero intenzione di lasciarla fare?
«Puoi definirlo come... nutrirsi d'ombra, umana. Il sangue e la paura sono sempre preziosi, comunque si ottengano.» Nikolaos mi si avvicinò, alitò sulla mia pelle, e mi trattenne per il polso, impedendomi di scostarmi.
«Aspetta... Prima voglio che la zombie sia liberata.»
Dopo avermi fissata per un istante, Nikolaos annuì. «Benissimo...» Con gli occhi pallidi, capaci di vedere ciò che non era presente o che sfuggiva alla mia vista, scrutò in lontananza, alle mie spalle, comunicandomi attraverso la mano una tensione che fu quasi come una scossa elettrica. «Theresa li scaccerà e ordinerà al risvegliante di restituire la zombie al suo riposo.»
«Hai fatto tutto questo, così, in un attimo?»
«Theresa è soggetta al mio dominio. Non lo sapevi?»
«Già, lo immaginavo...» Fino a quel momento, avevo ignorato che i vampiri fossero in grado di esercitare la telepatia. D'altra parte, fino alla notte precedente, non avevo neppure immaginato che avessero il potere di volare. Insomma, stavo imparando un sacco di cose... «Come posso essere certa che sia davvero così?»
«Puoi soltanto fidarti di me.» Sempre tenendomi per il polso con la mano che pareva acciaio rivestito di carne, dalla cui stretta non avrei potuto liberarmi soltanto con una fiamma ossidrica, Nikolaos mi attirò a sé. Per posare la testa sotto il mio mento e alitarmi sul collo, fu costretta ad alzarsi in punta di piedi. Ciò avrebbe dovuto annullare la minaccia, invece non fu affatto così.
Al tocco delle sue labbra morbide, trasalii, poi, mentre la vampira rideva sulla mia pelle, il viso premuto sul mio collo, iniziai a tremare, incapace di controllarmi.
«Prometto di far piano.» Di nuovo, Nikolaos rise.
Lottai per resistere all'impulso di allontanarla con una spinta. Avrei dato quasi qualsiasi cosa per sferrarle un pugno, uno soltanto, con violenza.
Ma non volevo morire.
«Povera cara... Stai tremando...» Nikolaos si appoggiò con una mano alla mia spalla, quindi mi accarezzò il collo con le labbra. «Hai freddo?»
«Piantala con le stronzate! Fallo e basta!»
La vampira s'irrigidì. «Non vuoi che ti tocchi?»
«No.» Era forse impazzita?
Con voce estremamente pacata, Nikolaos domandò: «Dov'è la cicatrice che ho sul viso?»
Senza pensare, risposi: «Vicino alla bocca».
«E tu come lo sai?» sibilò Nikolaos.
Il cuore mi balzò in gola. Le avevo rivelato che le sue illusioni non funzionavano, come invece avrebbero dovuto. Quando conficcò le dita nella mia spalla, mi lasciai sfuggire un gemito, ma non gridai.
«Che cos'hai fatto, Risvegliante?»
Non ne avevo la più pallida idea, eppure, chissà perché, dubitavo che mi avrebbe creduto.
«Lasciala stare!» Phillip sbucò dagli alberi quasi di corsa. «Avevi promesso di non farle male, stanotte!»
Senza neppure girarsi, Nikolaos disse: «Willie...»
Quel richiamo fu sufficiente per Willie, che, proprio come uno schiavo, comprese all'istante la volontà della padrona. Si parò davanti a Phillip, sollevando un braccio per intercettarlo. Ma era rimasto lo stesso Willie di sempre: un totale imbranato, quando si doveva fare a pugni. Se non hai equilibrio, la forza non serve a nulla. Senza la minima difficoltà, Phillip lo
evitò e proseguì.
Toccandomi il mento, Nikolaos mi obbligò a girare la testa per guardarla.
«Non costringermi a reclamare la tua attenzione, Risvegliante: nessuno dei metodi che potrei scegliere ti piacerebbe.»
Era molto probabile che avesse ragione. «Ti assicuro che hai tutta la mia attenzione», dichiarai in un sussurro roco, la voce strozzata dalla paura.
Per schiarirmela, avrei dovuto tossire in faccia alla Master della città e non credo proprio che sarebbe stata una buona idea. Sentendo il fruscio dei passi nell'erba, resistetti all'impulso di distogliere lo sguardo dalla vampira.
Di scatto, Nikolaos si girò, e il movimento fu così rapido che lo percepii soltanto confusamente. D'improvviso, lei fronteggiò Phillip, mentre Willie lo afferrava per un braccio, ma come se non sapesse bene cosa fare. Si rendeva conto che avrebbe potuto spezzarglielo con la massima facilità?
Ne dubitavo.
Nikolaos, invece, se ne rendeva conto benissimo. «Lascialo», ordinò.
«Se vuole avvicinarsi, non impedirglielo.» La sua voce prometteva indicibili sofferenze.
Mentre Willie indietreggiava, Phillip rimase immobile a guardarmi.
«Stai bene, Anita?»
«Ritorna alla villa, Phillip. Grazie per l'aiuto, però abbiamo un accordo: non mi morderà.»
«Hai promesso di non farle male.» Phillip scosse la testa.
«Hai promesso.» Parlò di nuovo a Nikolaos, ma badando a non guardarla in viso.
«Dunque non le sarà fatto nessun male. Io mantengo la mia parola, Phillip... Quasi sempre...»
«Sto bene, Phillip. Non metterti nei guai a causa mia.»
Come se Phillip non sapesse come comportarsi, il suo viso si sgretolò per la confusione e il suo coraggio parve riversarsi sull'erba. Tuttavia non indietreggiò. Era coraggioso, e io non volevo assistere alla sua morte.
«Ti prego, Phillip! Torna in casa!» lo implorai.
«No», intervenne Nikolaos. «Se l'ometto si sente audace, lascia che tenti.»
Come per afferrare qualcosa, Phillip aprì e chiuse le mani di scatto.
D'improvviso, e senza che io percepissi il movimento, Nikolaos fu accanto a lui. Ignaro, Phillip continuava a fissare il punto in cui si era trovata la vampira fino a un attimo prima. Con un unico colpo, Nikolaos lo atterrò.
Piombando di schiena sull'erba, Phillip sbatté le palpebre, fissandola come se fosse apparsa dal nulla.
«Non picchiarlo!» gridai.
Fulminea, una manina pallida sfiorò Phillip, proiettandolo all'indietro a rotolare su un fianco, col volto insanguinato.
«Nikolaos! Ti prego!» Avanzai di due passi verso di lei, riflettendo che potevo estrarre la pistola: non l'avrei uccisa, ma Phillip avrebbe avuto il tempo di scappare, ammesso che fosse ancora in grado di correre.
Dalla casa giunsero alcune grida, tra le quali si distinse una voce maschile:
«Pervertiti!»
«Che succede?» domandai.
«La Chiesa della Vita Eterna ha inviato i suoi seguaci.» Nikolaos parve vagamente divertita. «Devo abbandonare questa festicciola.» Lasciando Phillip stordito sul prato, si voltò a guardarmi. «Come hai potuto vedere la mia cicatrice?»
«Non lo so.»
«Piccola bugiarda! Ne riparleremo...» Così dicendo, Nikolaos scomparve, correndo tra gli alberi come un'ombra pallida. Perlomeno non volò: dubito che la mia mente avrebbe potuto sopportare anche quello.
M'inginocchiai accanto a Phillip, che sanguinava. «Puoi sentirmi?»
«Sì...» Lui riuscì ad alzarsi a sedere. «Dobbiamo andarcene di qui. Gli eternali sono sempre armati.»
Lo aiutai ad alzarsi. «Irrompono spesso ai freak party?»
«Ogni volta che ne hanno l'occasione.»
Notai che Phillip sembrava in grado di reggersi in piedi; se avessi dovuto sostenerlo, non saremmo riusciti ad allontanarci di molto.
«So di non avere il diritto di chiedervelo, ma in cambio vi aiuterò a tornare all'auto...» Willie si passò le palme delle mani sui calzoni. «Mi dareste un passaggio?»
Non riuscii a trattenermi dal ridere. «Non sei capace di scomparire come gli altri vampiri?»
Lui scrollò le spalle. «Non so ancora come fare...»
«Oh, Willie...» sospirai. «Andiamo! Tagliamo la corda!» Mentre il vampiro mi sorrideva, ebbi l'impressione che la mia facoltà di guardarlo negli occhi lo rendesse quasi umano. Quanto a Phillip, non si oppose. Perché avevo pensato che potesse rifiutare quella richiesta?
Dalla casa giunsero altre grida.
«Qualcuno chiamerà la polizia», osservò Willie.
Aveva ragione, e io non sarei stata in grado di spiegare in maniera convincente la nostra presenza lì. Presi Phillip per mano, quindi mi appoggiai a lui per calzare di nuovo le scarpe coi tacchi alti.
«Se avessi saputo che stanotte avremmo dovuto scappare da una banda di pazzi fanatici, le avrei scelte col tacco basso!» Continuai ad appoggiarmi a Phillip nell'attraversare il prato cosparso di ghiande: non era certo il momento di prendere una storta a una caviglia.
Eravamo arrivati al vialetto ghiaiato quando uscirono dalla casa tre eternali: un umano armato di mazza e due vampiri, che non avevano bisogno di armi. Aprii la borsetta, estrassi la pistola e la tenni lungo il fianco, nascosta dalle pieghe della gonna, poi consegnai le chiavi dell'auto a Phillip.
«Metti in moto. Io li tengo a bada.»
«Non so guidare», rispose Phillip.
L'avevo dimenticato. «Merda!»
«Ci penso io!» Willie prese le chiavi.
Un vampiro arrivò di corsa a braccia spalancate, sibilando, deciso ad aggredirci o forse soltanto a spaventarci. A ogni modo, ne avevo avuto abbastanza per quella notte: disinserii la sicura e sparai davanti ai suoi piedi.
Quasi incespicando, il vampiro esitò. «I proiettili non possono ferirmi, umana!»
Udii un movimento tra gli alberi, ma non capii chi o che cosa l'avesse provocato.
Il vampiro riprese ad avanzare. Poiché ci trovavamo in un quartiere residenziale e le pallottole avrebbero potuto volare parecchio lontano prima di sbattere contro qualcosa, decisi di non correre rischi: sollevai il braccio, mirai, feci fuoco.
Centrato allo stomaco, il redivivo fu scosso da uno spasmo e si afflosciò sulla ferita, con un'espressione di sbalordimento sul viso.
«Pallottole rivestite d'argento, faccia zannuta!»
Willie montò in auto e Phillip esitò, indeciso se imitarlo o restare a darmi manforte.
«Vai, Phillip. Ora! E tu... Fermo dove sei!» intimai al secondo vampiro, che stava tentando di aggirarci e che immediatamente s'immobilizzò.
«Pianterò una palla nel cranio a chiunque si avvicinerà.»
«Non ci uccideresti comunque», dichiaro il secondo vampiro.
«Vero, però non vi farei neanche un gran bene.»
Anche l'eternale umano era avanzato, seppure molto lentamente.
«Non muoverti», gli intimai.
Il motore si avviò. Senza arrischiarmi a guardare indietro, arretrai, nella speranza di non inciampare a causa dei dannatissimi tacchi alti. Se fossi caduta, mi avrebbero subito aggredito.
«Forza, Anita! Monta!» mi esortò Phillip, sporgendosi dall'auto con la portiera spalancata.
«Spostati!»
Non appena Phillip mi fece posto, scivolai sul sedile. «Parti!» gridai, sbattendo la portiera, mentre l'umano con la mazza partiva all'attacco.
Quella notte non avevo davvero nessuna voglia di ammazzare qualcuno.
Schizzando ghiaia addosso all'eternale, che fu costretto a proteggersi il viso, Willie partì con una sgommata, quindi percorse il vialetto a gran velocità, sbandando e rischiando di sbattere contro un albero.
«Rallenta... Siamo al sicuro, adesso.»
Obbedendo, Willie mi sorrise. «Ce l'abbiamo fatta!»
«Già...» sorrisi a mia volta, senza però esserne tanto sicura.
Con la ferita che continuava a sanguinare, Phillip espresse i miei timori:
«Adesso sì... Ma per quanto ancora?» E sembrò stanco proprio come me.
«Andrà tutto bene, Phillip», risposi, battendogli su un braccio in segno d'incoraggiamento.
Quando Phillip girò la testa a guardarmi, il suo viso parve invecchiato, oltre che stanco. «Non lo credi più di quanto lo creda io.»
Cosa potevo replicare? Aveva ragione da vendere.
 
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