Capitolo 35

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petite88
view post Posted on 22/1/2008, 22:21





35



Alle nove meno un quarto, quella sera, tornai al tempio. Il cielo era di un colore porpora intenso, con nubi rosa che vi si dipanavano come zucchero filato srotolato da bambini golosi e lasciato lì a sciogliersi. Pochi minuti ancora e si sarebbe addensata l'oscurità. I necrofagi erano già usciti in cerca di cibo, mentre i vampiri dovevano attendere ancora un poco.
Indugiai sulla gradinata ad ammirare il tramonto. Completamente ripuliti dal sangue, i gradini bianchi apparivano lustri e nuovi come se, nel pomeriggio, non fosse accaduto nulla. Io, tuttavia, lo ricordavo bene, quindi avevo deciso di portarmi appresso un arsenale, anche se ciò significava infradiciarmi di sudore nel caldo di luglio. Il giubbotto scamosciato non nascondeva soltanto la 9 mm nella fondina ascellare con portacaricatore, ma anche un pugnale su ciascun avambraccio, la Firestar nella fondina interna per estrazione incrociata sul fianco sinistro, e persino un pugnale assicurato alla caviglia.
Naturalmente, nessuna delle mie armi era in grado di fermare Malcolm, uno dei Master più potenti della città: dopo avere conosciuto Nikolaos e Jean-Claude, lo avrei classificato come terzo. Considerando la compagnia cui lo paragonavo, un terzo posto non era affatto male. Dunque, perché affrontarlo?
Perché non sapevo cos'altro fare.
Avevo depositato una lettera, con una descrizione dettagliata dei miei sospetti sugli eternali e su tutti gli altri, in una cassetta di sicurezza. Oltre ad avere informato Ronnie, avevo lasciato un'altra lettera sulla scrivania della segretaria all'Animators Inc.: lunedì mattina, se non fossi arrivata a ritirarla, sarebbe stata consegnata a Dolph. Insomma, bastava che qualcuno attentasse alla mia vita per farmi diventare paranoica...
Il parcheggio era pieno e i fedeli, alcuni dei quali arrivati a piedi anziché in auto, stavano entrando nel tempio a gruppetti. Li scrutai. Vampiri, prima dell'oscurità completa? No, soltanto umani.
Chiusi parzialmente la cerniera del giubbotto per non disturbare la funzione con qualche luccichio di arma da fuoco.
Appena oltre la soglia, una giovane donna dai capelli castani elegantemente fissati a formare un'onda artificiale sopra un occhio era intenta a distribuire opuscoli: si trattava, immaginai, di una guida per seguire la funzione.
«Benvenuta!» mi sorrise. «È la sua prima volta?»
Sorrisi cordialmente, come se non avessi addosso abbastanza armi da far fuori mezza congregazione. «Ho un appuntamento con Malcolm.»
Il sorriso della donna rimase immutato, anzi, semmai divenne più luminoso e si allargò, ponendo in risalto le fossette agli angoli delle labbra lucide di rossetto. Ebbi l'impressione che non sapesse che proprio lì, quello stesso giorno, avevo ammazzato qualcuno; di solito la gente non mi sorride, quando sa cose del genere sul mio conto. «Mi lasci soltanto un minuto per trovare un collega che mi sostituisca...» Si allontanò di qualche metro per attirare l'attenzione di un giovane picchiettandogli una spalla, per sussurrargli qualcosa all'orecchio e per consegnargli gli opuscoli; poi tornò, lisciandosi l'abito color borgogna. «Vuole seguirmi?» mi chiese. Come avrebbe reagito se avessi risposto di no? Probabilmente sarebbe rimasta perplessa.
Il giovane che l'aveva sostituita all'entrata del tempio accolse una coppia composta da un uomo e una donna abbigliati nella maniera più convenzionale.
Si comportavano proprio come se si accingessero a partecipare a una funzione nella chiesa episcopale che frequentavo o qualunque altra. Nel seguire la mia accompagnatrice, notai un'altra coppia del tutto diversa: due ragazzi vestiti in stile punk post-moderno. Sulle prime, lei mi parve la sposa di Frankenstein in rosa e in verde, tuttavia una seconda occhiata mi lasciò indecisa: forse quello in rosa e in verde era lui. Se era così, lei aveva i capelli corti come stoppie.
Evidentemente la Chiesa della Vita Eterna attraeva seguaci molto eterogenei.
La diversità era la sua risorsa: rispondeva alle esigenze dell'agnostico, dell'ateo, del conformista disilluso e di chi non aveva ancora deciso che cosa essere. Il tempio era già quasi pieno e non era ancora notte: i vampiri non erano ancora arrivati. Era trascorso parecchio tempo dall'ultima volta che avevo visto una chiesa altrettanto piena, tranne che a Pasqua o a Natale.
Un brivido mi percorse la spina dorsale.
Se la chiesa più affollata che avevo visto negli ultimi anni era quella dei vampiri, forse il pericolo autentico non era l'assassino che si accaniva contro di loro, bensì era proprio lì, nel tempio in cui mi trovavo.
Scossi la testa e seguii la mia accompagnatrice nel corridoio fino alla saletta, che, a quanto pareva, era davvero destinata al caffè e alla conversazione, perché sopra un tavolo coperto da una tovaglia bianca vidi una caffettiera, nonché un recipiente colmo di una sorta di punch rossastro, che però appariva un po' troppo denso e vischioso per essere davvero punch.
«Gradisce un po' di caffè?» chiese la donna.
«No, grazie.»
Con un sorriso cordiale, lei mi aprì la porta con la targa Entrai, ma non vidi nessuno.
«Malcolm la raggiungerà non appena si sarà svegliato. Se desidera», aggiunse la donna, lanciando un'occhiata alla porta, «posso aspettare con lei...»
«Non occorre, grazie. Non vorrei che perdesse la funzione.»
Di nuovo il sorriso luminóso si allargò a evidenziare le fossette. «Grazie!
Sono certa che l'attesa sarà breve.» Detto questo se ne andò, lasciandomi sola con la scrivania del segretario e l'agenda rilegata in pelle della Chiesa della Vita Eterna. Non ci potevo credere: un vero colpo di fortuna.
Cercai le annotazioni relative alla settimana precedente il primo omicidio di un vampiro. Il segretario, Bruce, era molto scrupoloso: per ogni appuntamento registrava, nella sua bella calligrafia, l'ora e il nome, aggiungendo un appunto che sintetizzava l'argomento dell'incontro. Per esempio: 10.00, Jason MacDonald, intervista periodico; oppure: 9.00, incontro col sindaco, problemi di circoscrizione. Insomma, normale amministrazione.
Due giorni prima del primo omicidio, notai un appunto in una calligrafia diversa da quella del segretario, più minuta, anche se non meno chiara: 3.00, Ned. Non era indicato nessun cognome, non era descritto l'argomento dell'incontro e per giunta non era stato Bruce a fissare l'appuntamento. Avevo forse trovato un indizio?
Poiché Ned era, come Teddy, un diminutivo di Edward, mi chiesi se Malcolm avesse incontrato lo sterminatore dei non-morti. Forse sì e forse no. Poteva trattarsi di un incontro clandestino con un altro Ned, o forse l'appuntamento era stato fissato da qualcun altro a causa di una breve assenza di Bruce. Il più rapidamente possibile consultai il resto dell'agenda senza scoprire nulla d'insolito, almeno apparentemente. Tutti gli altri appunti
erano nella calligrafia larga e rotonda di Bruce.
Ammesso che si trattasse proprio di Edward, Malcolm lo aveva incontrato due giorni prima del primo omicidio. Cosa se ne deduceva? Che Edward era un sicario al soldo di Malcolm. E ciò poneva un problema: se Edward avesse voluto eliminarmi, avrebbe provveduto di persona. Era possibile che Malcolm, preso dal panico, avesse affidato l'incarico a un suo seguace? Non si poteva escludere.
Ero seduta sopra una sedia addossata a una parete, intenta a sfogliare una rivista, quando la porta si aprì. Malcolm era alto, magrissimo, quasi macilento, con mani grandi e ossute che sarebbero state più adatte a un uomo più muscoloso, e coi capelli ricci e corti, di un giallo sconvolgente, che ricordava quello delle penne di cardellino. Era così che si trasformavano i capelli biondi in quasi tre secoli di oscurità.
L'ultima volta che lo avevo visto, Malcolm era di una bellezza perfetta.
In quel momento, invece, mi apparve quasi comune, come Nikolaos con la sua cicatrice. Era mai possibile che Jean-Claude mi avesse trasmesso la capacità di percepire il vero aspetto dei Master?
La presenza di Malcolm colmò la stanzetta come acqua invisibile, che mi raggelò e mi fece rabbrividire gradualmente, dalle caviglie alla testa.
Altri novecento anni e avrebbe potuto rivaleggiare con Nikolaos. Ma, naturalmente, io non sarei stata lì a verificare la mia teoria.
Mentre mi alzavo, Malcolm varcò la soglia. Era vestito con un completo blu e una cravatta in seta dello stesso colore sopra una camicia azzurra, a confronto con la quale i suoi occhi ricordavano le uova di pettirosso. Il suo volto angoloso si aprì in un sorriso raggiante. Non cercò di obnubilarmi la mente: era troppo esperto nel resistere a quell'impulso. Tutta la sua credibilità, infatti, si fondava sul fatto che non ingannava.
«Miss Blake! Sono molto lieto d'incontrarla!» Ben consapevole che comportarsi altrimenti sarebbe stato un errore, Malcolm non mi porse la mano. «Bruce mi ha lasciato un messaggio poco chiaro, ma, se ho ben capito, la sua visita concerne gli omicidi dei vampiri, no?» La sua voce era profonda e rilassante come l'oceano.
«Ho detto a Bruce di avere le prove che la vostra Chiesa è coinvolta negli omicidi dei vampiri.»
«Ed è così?»
«Sì», risposi, giacché lo credevo. Se Malcolm aveva incontrato Edward, allora avevo trovato il mio assassino.
«Mmm... Vedo che sta dicendo la verità... Eppure, io so che non è così.»
Calda, profonda e possente, la voce del vampiro mi avvolse.
Scossi la testa. «Sta imbrogliando, Malcolm. Servirsi dei suoi poteri per sondarmi la mente...»
Allargando le mani, Malcolm si strinse nelle spalle. «Io controllo la mia Chiesa, Miss Blake. Nessuno dei miei seguaci si renderebbe colpevole di ciò di cui lei ci sta accusando.»
«La notte scorsa, alcuni di loro, armati di mazze, hanno assaltato una casa in cui si teneva un freak party. Dunque non disdegnano di ricorrere alla violenza.»
Il vampiro si accigliò. «In effetti, esiste una piccola fazione, all'interno della nostra Chiesa, che insiste a usare questi metodi. A ogni buon conto, i freak party, come li chiama lei, sono abominevoli e devono cessare. Tuttavia dichiaro instancabilmente ai miei seguaci che questo obiettivo dev'essere perseguito nel rispetto della legge.»
«E punisce coloro che disobbediscono?»
«Non sono un poliziotto, né un prete, quindi non infliggo punizioni di sorta. I miei seguaci non sono bambini: sono del tutto autonomi e responsabili delle loro azioni.»
«Lo credo bene.»
«E questo che significa?»
«Significa, Malcolm, che lei è un Master, che nessuno dei suoi seguaci si può opporre a lei, e dunque che tutti le obbediscono in tutto.»
«Non esercito i miei poteri mentali sulla mia congregazione.»
Scossi la testa, mentre il potere del vampiro mi scorreva sulle braccia come un'onda gelida, senza che lui tentasse di manifestarlo: traboccava e basta. Si rendeva conto di quello che stava facendo, oppure era davvero un effetto involontario? «Due giorni prima che fosse commesso il primo omicidio, lei ha incontrato una persona...»
Attento a non mostrare le zanne, Malcolm sorrise. «Ne incontro tante...»
«Lo so, lei è molto conosciuto. Però sono certa che ricorda quell'incontro, perché è stato proprio allora che ha assunto un sicario per eliminare i vampiri.» Lo scrutai in viso, ma era troppo abile nel restare impassibile.
Notai tuttavia un guizzo fugace nei suoi occhi azzurri e luminosi: un fremito d'inquietudine, forse, che però subito scomparve, sostituito dalla sicurezza consueta.
«Miss Blake... Perché mi fissa negli occhi?»
Scrollai le spalle. «Se non cerca d'ipnotizzarmi, non corro rischi.»
«Ho già cercato di convincerla di questo fatto in diverse occasioni, in passato, eppure lei ha sempre preferito... cautelarsi. Adesso, invece, mi sta fissando. Perché?» Malcolm si avvicinò con una tale rapidità che riuscii a percepire il suo movimento soltanto confusamente.
Senza riflettere, sfoderai la pistola. Istinto.
«Oh...»
Del tutto decisa a conficcargli una pallottola in petto se soltanto si fosse avvicinato di un altro passo, lo scrutai senza parlare.
«Lei reca almeno il primo marchio, Miss Blake. Un Master l'ha toccata.
Chi è stato?»
Nel lasciarmi sfuggire un lungo sospiro, mi resi conto di avere trattenuto il fiato. «È una lunga storia...»
«Le credo.» D'improvviso, Malcolm fu di nuovo accanto alla porta, come se non se ne fosse mai allontanato.
«Lei ha assunto un sicario per eliminare i vampiri pericolosi per la sua causa.»
«Non è vero.»
È sempre snervante avere a che fare con qualcuno che si mostra tanto blasé quando lo si tiene sotto tiro con un'arma da fuoco. «Invece io sono convinta che lei abbia assunto un killer a pagamento.»
Scrollando le spalle, Malcolm sorrise. «In tal caso, non si aspetterà davvero che io lo ammetta.»
«Credo di no... Insomma, lei o la sua Chiesa siete connessi in qualche modo con gli omicidi dei vampiri?» Notando che Malcolm stava per scoppiare a ridere, non lo biasimai, perché nessun individuo sano di mente avrebbe risposto di sì. D'altronde, capita talvolta di scoprire qualcosa dal modo in cui la persona nega. Ci sono casi in cui la menzogna scelta può risultare utile quasi quanto la verità.
«No, Miss Blake.»
«Lei ha assunto un sicario», ribadii.
Il sorriso scomparve dal suo viso come una bolla che scoppia. «Miss Blake...» Mi osservò, mentre la sua presenza mi strisciava sulla pelle come uno sciame d'insetti. «Credo che la sua visita debba considerarsi conclusa.»
«Oggi un uomo ha cercato di uccidermi.»
«Non è certo colpa mia.»
«Aveva sul collo due morsi di vampiro.»
Di nuovo scorsi un guizzo nei suoi occhi: inquietudine? Forse...
«Mi aspettava qui, fuori del tempio, così sono stata costretta a ucciderlo sulla gradinata.» Una piccola menzogna, per evitare che Ronnie venisse ulteriormente coinvolta.
Il vampiro si accigliò. «Non ne sapevo nulla, Miss Blake.» Un filo di collera si srotolò e si diffuse come calore nella stanza. «Indagherò.»
Abbassai la pistola, senza rinfoderarla. Non è possibile minacciare qualcuno troppo a lungo con un'arma da fuoco: diventa sciocco, se l'altro non ha paura e non intende aggredire, e se non si ha intenzione di sparare.
«Non sia troppo severo con Bruce. Non reagisce molto bene alla violenza.»
Raddrizzando le spalle, Malcolm si rassettò la giacca. Un gesto di nervosismo?
Santo cielo... Avevo toccato un nervo scoperto!
«Indagherò, Miss Blake. Se era un seguace della nostra Chiesa, c'impegniamo a scusarci nella maniera più adeguata.»
Lo scrutai. Cos'avrei potuto rispondere? Grazie? Non sembrava appropriato.
«So che ha assunto un sicario, Malcolm, e non si può certo dire che questa sia buona pubblicità per la sua Chiesa. Credo che dietro gli omicidi dei vampiri ci sia lei. Forse il sangue non è stato versato dalle sue mani, ma di sicuro lo è stato con la sua approvazione.»
«La prego, Miss Blake...» Lui aprì la porta. «Se ne vada, adesso.»
Sempre con la pistola in pugno, varcai la soglia. «Certo, me ne vado. Ma non per sempre.»
Con occhi irati, Malcolm mi scrutò dall'alto. «Sa che cosa significa essere marchiati da un Master?»
Riflettei, indecisa su come rispondere. Infine scelsi la sincerità. «No.»
Il sorriso del vampiro fu così freddo da gelare il cuore.
«Lo scoprirà, Miss Blake. E se la condizione dovesse diventare insopportabile, ricordi che la nostra Chiesa è sempre pronta ad aiutarla.» Detto ciò, Malcolm chiuse la porta.
Fissai l'uscio. «E questo che vuol dire?» sussurrai.
Rinfoderata la pistola, individuai una porticina con la targa e l'aprii. Dal tempio fiocamente illuminato, forse da numerose candele, si diffondeva nell'aria notturna un coro che eseguiva, sul motivo di Bringing in the Sheaves, un canto di cui distinsi soltanto un verso: «Vivremo in eterno, per mai più morire».
Nell'affrettarmi a ritornare all'auto, cercai di non ascoltare le parole del canto. C'era qualcosa di spaventoso in tutte quelle voci che s'innalzavano al cielo in adorazione di... cosa? Dei fedeli stessi? Della giovinezza eterna?
Del sangue? Ecco un'altra domanda per cui non avevo risposta.
Il mio assassino era Edward. La domanda era: potevo consegnarlo a Nikolaos?
In altre parole, potevo consegnare un altro essere umano ai mostri per salvare me stessa? Neppure per quel dubbio avevo una soluzione. Soltanto due giorni prima avrei risposto di no, ma, dopo tutto quello che era accaduto, non riuscivo proprio a decidere.
 
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