Capitolo 40

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petite88
view post Posted on 22/1/2008, 22:51





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Il sole era ormai spuntato e io ero l'unica persona rimasta nel club buio e tranquillo, colmo di quel silenzio carico di attesa che si diffonde negli edifici rimasti deserti quando la gente è tornata a casa. È come se ogni fabbricato avesse una vita indipendente, che può realizzarsi soltanto in assenza dell'intrusione umana. Scossi la testa e cercai di concentrarmi, di provare qualche sensazione. Volevo soltanto andare a casa a dormire, pregando di non sognare.
Sulla porta, trovai un post-it: Le tue armi sono dietro il bancone. La Master ha portato anche quelle. Robert.
Indossai di nuovo le due pistole e i due pugnali. Mancava soltanto quello da infilare nel fodero alla caviglia, quello con cui avevo ferito Winter e Aubrey. Era morto, Winter? Forse. E Aubrey? Lo speravo proprio. Sapevo che un Master poteva sopravvivere a una pugnalata al cuore, ma non avevo mai accoltellato un non-morto di cinquecento anni. Se il pugnale era stato estratto, forse Aubrey era riuscito a sfangarla. Avrei voluto telefonare a Catherine, ma... per dirle cosa? Lascia la citta perché un vampiro ti sta
cercando per massacrarti! Non sembrava una frase che potesse essere presa sul serio.
Uscii nella morbida luce bianca dell'alba. La strada era deserta, invasa dalla brezza mattutina, quasi fredda, perché il caldo non aveva ancora avuto il tempo di diffondersi. Dov'era la mia auto? Udii i passi un secondo prima che una voce intimasse: «Non muoverti. Ti ho sotto tiro».
Senza attendere l'ordine, intrecciai le mani dietro la nuca. «Buongiorno, Edward.»
«Buongiorno, Anita. Non muoverti, per favore.» Premendomi l'arma contro la schiena, Edward mi perquisì dalla testa ai piedi. Se era ancora vivo, lo doveva anche al fatto che non lasciava mai nulla al caso. Infine indietreggiò di un passo. «Adesso puoi girarti.» Aveva la mia Firestar infilata nella cintura e teneva la Browning nella sinistra. Ignoravo cosa avesse fatto dei pugnali. Puntandomi la pistola al petto, sorrise, fanciullesco e affascinante.
«Basta giocare a nascondino. Dov'è questa Nikolaos?»
Sospirai profondamente. Volevo accusarlo di essere l'assassino dei vampiri, però quello non mi parve il momento adatto. Forse l'avrei fatto in seguito, quando non mi avesse tenuto sotto tiro. «Posso abbassare le mani?»
Quasi impercettibilmente, Edward annuì.
Con lentezza, abbassai le braccia. «Voglio che sia chiara una cosa, Edward...
Ti darò l'informazione che mi hai chiesto, ma non perché ho paura di te. Voglio che la Master sia annientata. E voglio partecipare all'operazione.»
Il sorriso di Edward si allargò e i suoi occhi scintillarono di soddisfazione.
«Che cos'è successo la notte scorsa?»
Abbassai lo sguardo sul marciapiede per un momento, prima di scrutare di nuovo Edward negli occhi azzurri. «Ha fatto uccidere Phillip.»
«Continua...» mi esortò lui, scrutandomi con attenzione.
«Mi ha morso. Credo che intenda trasformarmi in una schiava personale.»
Dopo avere infilato la pistola nella fondina ascellare, Edward mi si avvicinò e mi fece reclinare la testa per osservare meglio il morso. «Dovrai purificare la ferita, e farà un male d'inferno...»
«Lo so. Mi aiuterai?»
«Certo.» Il suo sorriso si addolcì. «Poco fa ero pronto a torturarti pur di estorcerti l'informazione, e adesso sei tu che mi chiedi di aiutarti a versare acido sulla ferita...»
«Acquasanta», precisai.
«La sensazione sarà identica.»
Purtroppo Edward aveva ragione.
 
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